Sab 29 Giu 2024

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🎧Al Museo degli Innocenti, i mostri e le inquietudini dell’arte giapponese

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🎧Al Museo degli Innocenti, i mostri e le inquietudini dell'arte giapponese
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Dal 13 giugno al 3 novembre 2024 al Museo degli Innocenti sarà possibile visitare la mostra Yōkai. Mostri, Spiriti e altre inquietudini nelle Stampe Giapponesi. Centinaia di opere tra stampe e reperti dal 18° secolo fino agli anni ’90, alcune mai esposte prima in Italia, che esplorano l’antica e duratura tradizione e fascinazione nipponica per il motruoso e il per fantastico.

Audio: la co-curatrice Paola Scrolavezza, direttrice del Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture moderne dell’Università di Bologna

Vertigo Syndrome porta finalmente a Firenze gli Yōkai. I mostri della tradizione giapponese, che hanno già conquistato il pubblico a Monza e a Bologna, dal 13 giugno al 3 novembre 2024 arriveranno negli spazi espositivi del Museo degli Innocenti, grazie a Yōkai. Mostri, Spiriti e altre inquietudini nelle Stampe Giapponesi. Una mostra totalmente nuova, con centinaia di opere mai esposte prima e due nuovi curatori d’eccezione: Paola Scrolavezza, tra le massime nipponiste in Italia, direttrice del Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture moderne dell’Università di Bologna, e Eddy Wertheim, direttore della Japanese Gallery Kensington di Londra.

Un po’ di storia: dopo lunghe lotte intestine, agli inizi del XVII secolo l’epoca Edo inaugurò in Giappone un periodo di pace e stabilità, destinato a durare oltre duecento anni, e caratterizzato dalla politica del sakoku, il “paese chiuso”, volta a impedire qualsiasi contatto con l’occidente, da un rigido controllo politico e sociale e da profondi squilibri economici. Nella produzione artistica – sia figurativa che letteraria – si afferma l’estetica del “crepuscolo”, in giapponese tasogare, adatta a dar voce a quest’epoca di trasformazioni. Gli yōkai e gli yūrei, i mostri e gli spiriti che popolano le leggende giapponesi sin dalle origini, quando venivano tramandate oralmente, incarnano alla perfezione sensazioni, inquietudini, paure e desideri frutto di questo preciso momento storico. Ed ecco che gli odokuro, giganteschi scheletri affamati, i bakeneko, gatti mostruosi, i kappa, esseri acquatici che importunano le natanti, le kitsune, avvenenti donne-volpi, iniziano ad essere raffigurati da artisti famosi invadendo così le stampe ukiyoe, dove si mescolano alle scene e agli spazi del quotidiano – i vicoli cittadini, le abitazioni dei mercanti, le grandi arterie di comunicazione, i quartieri di piacere, i teatri – per raccontare il riemergere di tutto ciò che si cerca di nascondere, controllare, regolamentare: la paura della notte, con le ombre che si celano nelle strade o nelle campagne dimenticate dal processo di urbanizzazione; le passioni che esplodono incontrollate e sfidano i rigidi codici di comportamento; la minaccia delle creature che si nascondono sul fondo dei fiumi e tornano a reclamare lo spazio e il tempo della natura che l’uomo tenta di governare.

La mostra si apre con una sala immersiva che fa rivivere al visitatore l’esperienza della più leggendaria prova di coraggio dei samurai: il rituale delle 100 candele. Rituale che iniziava dopo l’ora del tramonto e vedeva i samurai riunirsi in una stanza illuminata dalla luce di cento candele. Ognuno di loro doveva raccontare ai compagni una storia popolata di yōkai, i mostri giapponesi appunto, con l’obiettivo di testare il loro coraggio spaventandoli a morte. Al termine della storia, chi l’aveva narrata doveva alzarsi, spegnere la candela di una lanterna, prendere uno specchio e specchiarvisi nell’angolo più lontano dagli altri: l’oscurarsi progressivo della stanza accompagnava la narrazione di racconti sempre più spaventosi e carichi di suspense. Una volta usciti dalla sala delle cento candele, facendosi strada nella fioca luce della mostra, i visitatori incontreranno le stampe dei mostri che metteranno in scena la paura degli antichi samurai. Anfibi bizzarri, oggetti animati, mutaforma, scheletri e fantasmi, ibridi inquietanti e improbabili: l’estetica del grottesco e del mostruoso pervade la cultura giapponese fin dalle sue origini, giocando un ruolo di primo piano nell’arte visiva e nella letteratura grazie all’eccezionale vitalità del suo potenziale creativo che le permette di reincarnarsi in immagini e narrazioni sempre nuove.

Dalle figure tradizionali di bakemono e yūrei cristallizzate nelle stampe ukiyoe del periodo Edo (1603-1868) agli esoscheletri esoterico-apocalittici di Evangelion, alla sfilata dei Pokémon, agli inquietanti protagonisti del J-Horror e del cyberpunk, ai mostri superpiatti di Murakami Takashi e all’estetica urbana del monster kawaii, il mostruoso conserva la sua eccezionale energia e continua ad affermarsi come simbolo privilegiato di una cultura percepita come in continua trasformazione. La parola yōkai è composta da due caratteri, 妖 () e 怪 (kai): il primo suggerisce fascino, incanto; il secondo significa apparenza, mistero. Le creature che rientrano in questa categoria sono praticamente innumerevoli. Dopo tutto, il Giappone è la terra delle ottomila divinità, perché ogni elemento naturale – albero, roccia, ruscello d’acqua – ma anche ogni oggetto nato dal genio o dal lavoro umano può contenere una scintilla del divino. La cultura giapponese, quindi, è intrisa di una forma di spiritualità già predisposta alla proliferazione di creature che nascono dall’intersezione tra fantastico, religione e vita quotidiana.Lo yōkai “è l’incarnazione di un certo momento culturale – di un tempo, di un sentimento e di un luogo”, scriveva J.J. Cohen in un famoso saggio del 1994. Ed è su questo concetto che si basa il percorso proposto in mostra.

La mostra Yōkai si avvale della preziosa collaborazione del Museo Stibbert di Firenze, che concede in prestito per l’occasione un nucleo composto da due straordinarie armature samurai, una delle quali, in acciaio, seta, cuoio, legno e crine, risalente al 1738 e costruita da Myōchin Muneakira, il più abile artigiano di loriche del Giappone del periodo Edo, ma anche elmi e antiche spade tachi, lunghe e incurvate, usate principalmente dalla nobiltà a cavallo. I pezzi provengono dalla preziosa armeria giapponese dello Stibbert, tra le più ricche al mondo, che vanta esemplari del periodo del cosiddetto Sengoku jidai, l’epoca del paese in guerra, quando a partire dal XV secolo, in un mondo dominato dal timore della morte, il guerriero si trasforma esso stesso in uno yōkai. Le forme delle armature prendono sempre più spesso ispirazione dalle figure terrifiche create dall’immaginazione popolare, che iniziano a popolare anche i pesanti elmi e le else dei pugnali.

 

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