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🎧Cesare Pavese al Vieusseux tra carte e prime edizioni, fino al 20 dicembre

🎧Cesare Pavese al Vieusseux tra carte e prime edizioni, fino al 20 dicembre

La mostra “Cesare Pavese al Vieusseux tra carte e prime edizioni” è in programma fino al 20 dicembre all’Archivio Contemporaneo Bonsanti del Gabinetto Vieusseux, a Palazzo Corsini Suarez, e sarà visitabile, a ingresso libero su prenotazione, ogni giovedì. Un’occasione preziosa per consultare le prime edizioni di alcuni delle sue più importanti opere e traduzioni e lettere inviate dallo scrittore. 

Audio: Pierluigi Vaccaneo, direttore Fondazione Cesare Pavese ed Elisa Martini, curatrice della mostra

Caro Bonsanti, grazie del lusinghiero invito…”: questo l’incipit della lettera che Cesare Pavese scrive ad Alessandro Bonsanti il 22 novembre 1949, indirizzandola al Gabinetto Vieusseux, di cui Bonsanti è il direttore. Un invito, che se nel ’49 viene declinato, diviene viatico per questa mostra nata grazie alla collaborazione con la Fondazione Cesare Pavese e concentrata nel rilevare la presenza dello scrittore piemontese tra le carte e le prime edizioni custodite all’interno sia della Biblioteca Vieusseux che dell’Archivio Contemporaneo creato, quest’ultimo, dallo stesso Bonsanti e a lui poi dedicato.

La mostra, inaugurata oggi, è in programma fino al 20 dicembre all’Archivio Contemporaneo Bonsanti del Gabinetto Vieusseux, a Palazzo Corsini Suarez (Via Maggio 42, Firenze), e sarà visitabile, a ingresso libero su prenotazione, ogni giovedì, inviando una richiesta a archivio@vieusseux.it

Nelle teche verranno esposte, oltre alla lettera rivolta a Bonsanti, alcune missive inviate da Pavese ad Emilio Cecchi e a Pietro Pancrazi, dove si desumano informazioni sul lavoro dello scrittore e sulle recensioni da parte dei critici. Testimonianze che si legano strettamente al patrimonio librario posseduto nelle biblioteche di autore presenti al Vieusseux, a partire proprio da quella del Fondo Cecchi, della quale saranno mostrati vari elementi, tra cui il numero 8 (agosto 1950) della rivista “Paragone” e la prima edizione di Prima che il gallo canti (citati questi nelle lettere esposte) e alcune prime edizioni di altre opere inviate con dedica a Cecchi dallo stesso Pavese. Visto il profondo rapporto tra i due, si è scelto di mettere in mostra anche il ritratto di Emilio Cecchi, opera della moglie Leonetta Pieraccini, assieme al disegno di Silvano Campeggi del 1948 raffigurante Cesare Pavese. Accanto alla lettera di ringraziamento a Pancrazi del 8 luglio 1941 si troverà, invece, l’articolo di Pancrazi uscito in prima istanza sul “Corriere della Sera” del 8 luglio 1941 e poi ripubblicato il 31 agosto del 1952 in “Notiziario Einaudi”.

Resta, però, la sua presenza letteraria la voce più potente dello scrittore piemontese all’interno dell’Archivio, come mostrato i volumi raccolti all’interno delle biblioteche d’autore custodite in vari fondi. Prime edizioni curatissime che ricostruiscono fedelmente non solo l’opera dello scrittore, ma anche gli anni del fermento editoriale tra gli anni Trenta e l’immediato dopoguerra. Possiamo notare, ad esempio, l’edizione solariana di Lavorare stanca, messa poi a confronto con la prima edizione Einaudi del 1943; o quella di “Lettere d’oggi” di La spiaggia, anche in questo caso seguita dall’edizione Einaudi. Bellissime anche le sovraccoperte di alcuni esemplari custoditi nel fondo “Letteratura” legato alla figura di Alessandro Bonsanti. Esemplare unico è sicuramente la prima edizione del Compagno con dedica a Paolo Cinanni, la cui storia fu d’ispirazione per Pavese, il quale fu ‘maestro’ del giovane, come racconta Cinanni stesso nelle pagine del suo libro Il passato presente (Una vita nel P.C.I), anche questo gentilmente concesso dalla famiglia dell’autore.

Il tentativo di ricostruire, sebbene minimamente, il genio letterario di Cesare Pavese risulterebbe però vano, se il nostro sguardo non si allargasse anche all’attività di traduttore del nostro scrittore e al suo impegno nella divulgazione della letteratura d’oltreoceano iniziato fin dalla tesi su Walt Whitman. Partendo dall’edizione del 1931 di Il nostro signor Wrenn: storia di un gentiluomo romantico di Sinclair Lewis, Pavese traduce opere miliari come Moby Dick e Benito Cereno di Melville, Il 42° parallelo di Dos Passos, Uomini e topi di Steinbeck, Riso nero di Anderson fino a Dedalus di Joyce e le opere di Gertrude Stein, fungendo non solo da mediatore tra le culture, ma anche affermando fortemente, tramite un nuovo modello letterario, sì un’alternativa possibile all’oppressione dilagante negli anni del regime fascista, ma anche un nuovo linguaggio per rappresentare la società moderna e raccontare quei “cerchi di schiuma” che contraddistinguono la discesa nel ‘misterioso gorgo’ mitico e umano della ricerca pavesiana.

 

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