In nessun’altra città d’Italia la pressione degli affitti brevi è alta come a Firenze, in particolare nel suo centro storico dove «superano il 40% del totale delle abitazioni non principali». A dirlo è l’ultimo Osservatorio del mercato immobiliare redatto dell’Agenzia delle entrate, che mette in guardia sugli impatti negativi di questo fenomeno sulla vita dei residenti.
Audio: servizio di Viola Giacalone
Dunque quattro seconde case su dieci sarebbero messe a rendita in questo modo nell’area Unesco. Le stime si riferiscono al 2023: per il Comune di Firenze si parla di 11.321 affitti brevi, prendendo in considerazione solo gli annunci per un intero appartamento, un totale di 13.000 secondo le ultime stime ufficiali, in attesa che il nuovo Codice identificativo nazionale (Cin) permetta di accertarne l’effettiva quantità. Ad oggi i Cin rilasciati sono 15.750 a livello provinciale. E 54.869 in Toscana, la regione che ha più affitti brevi.
Il ricavo medio lordo per chi mette a rendita breve un appartamento (s’intende sempre sotto i 30 giorni) a Firenze per un anno è di 23 mila euro, secondo l’Osservatorio. È la seconda città italiana dove si può guadagnare di più, dietro a Venezia (26 mila euro). Cifre a cui sono già state sottratte — si legge — «le commissioni di gestione trattenute da Airbnb, uguali al 3% dell’importo del soggiorno, le spese di pulizia, convenzionalmente fissate in 10 euro per giorno di occupazione, e le spese di gestione e manutenzione ordinaria dell’abitazione, pari al 9,4% dei ricavi».
Di media le notti di affitto a Firenze sono 99 in un anno e la tariffa media è di 233 euro. Pure in questo caso solo a Venezia la situazione è simile: 250 euro di media a notte, per una media di 105 notti in un anno. In queste due città, sottolinea la ricerca, «la scelta delle locazioni brevi è sostanzialmente più vantaggiosa della locazione di lunga durata». «Alcuni valori, come nei centri storici di Firenze e Milano dove la quota supera anche il 30% dello stock residenziale» comportano «la possibilità di generare sia impatti negativi sulla vita dei residenti, sia trasformazioni profonde di tessuti urbani residenziali in aree prevalentemente turistiche», ammette lo studio dell’Agenzia delle entrate. Limitare gli affitti brevi, viene evidenziato, «induce perdite per i proprietari di case nelle aree a maggiore attrattività turistica in quanto ne diminuisce il valore e, dal lato opposto, genera benefici per le famiglie che necessitano di prendere in affitto un’abitazione in quanto aumenta l’offerta di alloggi in affitto, riducendo i canoni di locazione».