Qual è il reale impatto dei campi elettromagnetici sulla popolazione toscana? Le stazioni “radiobase”, sono in grado di causare tumori o altre malattie? E se sì chi sarebbe la fascia più colpita? Come riportano alcuni quotidiani locali, un nuovo progetto di studio e monitoraggio che la Regione Toscana ha appena commissionato ad Arpat e Ars, cioè all’agenzia regionale per la protezione ambientale e a quella di sanità, che verrà applicato nelle 6 città più popolose della regione.
Uno studio sugli effetti del 5G, per capire se ci sia un legame fra i tumori accusati dalla popolazione, soprattutto infantile, e i campi elettromagnetici generati dalle “stazioni radiobase” che si stanno diffondendo in Toscana. Lo ha appena ordinato la Regione con una delibera firmata da Monia Monni e Simone Bezzini, assessori all’ambiente e alla sanità. Palazzo Strozzi Sacrati così stanzia 222.720 euro per condurre quella che, come riporta Il Tirreno: “forse è la prima ricerca scientifica sulla tecnologia che promette di rivoluzionare l’era delle vite iperconnesse”.
Saranno sei le città capoluogo sorvegliate speciali, quelle con una popolazione prossima o superiore a 100mila abitanti (Pisa, Livorno, Lucca, Firenze, Prato e Arezzo), due le agenzie regionali coinvolte, Arpat e Ars, la prima incaricata di misurare l’esposizione all’inquinamento da banda larga super veloce, la seconda di tracciare un’indagine epidemiologica che verifichi eventuali correlazioni con tumori alla testa e al sistema nervoso, leucemie, linfomi non-Hodgkin, in particolare nei bimbi toscani, e casi di aborti spontanei o altri problemi di salute che via via dovessero emergere come ricorrenti durante lo studio, che per ora è finanziato per due anni.
A dare l’allarme, nel 2013, era stata la Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che «aveva definito i campi elettromagnetici a radiofrequenze come possibili cancerogeni per gli effetti sui tumori della testa legati all’uso prolungato del cellulare». E da lì in poi gli studi sono fioccati, ma «le esposizioni derivanti non dall’uso del cellulare, ma da altre sorgenti, quali le stazioni radiobase (Srb), sono di natura diversa, soprattutto perché i possibili effetti non sono limitati alla testa e, come appare da studi di monitoraggio, sono di minore intensità» e «ad oggi» gli studi esistenti «forniscono risultati contrastanti ed evidenze inconcludenti».
Arpat ha cinque obiettivi: 1) analizzare limiti e scenari di sviluppo della rete 5G in Toscana; 2) elaborare un modello matematico che consenta la previsione su scala urbana dei livelli di esposizione presenti nei sei capoluoghi selezionati a partire da impianti già autorizzati; 3) misurare le esposizioni con le tre centraline già in dotazione e acquistarne altre per coprire tutte le aree urbane oggetto di studio; 4) svolgere controlli sugli impianti 5G esistenti, «possibilmente di gestori diversi», e su quelli in costruzione, cinque dei quali peraltro verranno realizzati nelle città prescelte proprio durante il progetto; 5) applicare agli impianti dei «dosimetri» specifici per la banda larga per misurare le esposizioni e validare il modello matematico; 6) valutare i livelli di esposizione dove questa è più alta e dove la densità della popolazione è maggiore.
Ars seguirà anche alcuni casi-studio, cioè persone e bambini che negli anni si dovessero ammalare e si ritrovassero a risedere nelle zone più a rischio, dunque quelle in cui le onde elettromagnetiche per far funzionare il 5G sono più potenti. Obiettivo: «minimizzare le distorsioni dovute al confondimento residuo», cioè altri casi che non potrebbero essere correlabili. Per questo l’attenzione si «focalizzerà sui casi di tumori infantili, tra cui le leucemie, i tumori del sistema nervoso centrale, i linfomi non-Hodgkin, casi di aborto spontaneo ed altri esiti sanitari che emergeranno da una valutazione più accurata della letteratura disponibile».