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Violenza di genere in Toscana: sei femminicidi e 4.540 richieste di aiuto in un anno

Nel 2023 in Toscana ci sono stati 6 femminicidi, che hanno portato a 140 il numero complessivo dal 2006. Sono state inoltre 4.540 le donne che si sono rivolte a un centro antiviolenza, con oltre 1.500 accessi in codice rosa al pronto soccorso per maltrattamenti. Questi i numeri diffusi del 16/o rapporto sulla violenza di genere in Toscana e, realizzato dall’Osservatorio sociale regionale.

Questi i numeri diffusi del 16/o rapporto sulla violenza di genere in Toscana e, realizzato dall’Osservatorio sociale regionale. Riguardo ai femminicidi il 75% delle vittime sono italiane e dei 140 delitti 36 sono avvenuti in provincia di Firenze, 16 a Lucca e altrettanti a Pisa, 15 in provincia di Livorno, 12 sia ad Arezzo sia a Prato, 11 a Pistoia, 10 a Grosseto e 9 a Siena. Il percorso di uscita dalla violenza che si attiva rivolgendosi d un centro è stato avviato nel 2023 da 3.262 donne, 67% delle quali italiane e 33% straniere, ancora nel 62% dei casi con figli. L’anno scorso sono state poi ospitate 134 donne con 110 figli nelle case rifugio, strutture dedicate, a indirizzo segreto, nella quale la donna – con o senza figli – può essere aiutata. Gli uomini che hanno effettuato l’accesso a uno dei cinque centri toscani per chi fra loro è autore di violenza sono stati 659, con un incremento del 135% rispetto al 2022: di questi il 70,6% sono italiani e circa la metà con un’età compresa fra i 30 e i 49 anni. Aumentano anche i minorenni vittime di maltrattamenti in famiglia: si passa dai 3.431 del 2019 ai 4.573 del 2023. Nello stesso periodo il numero delle vittime di violenza assistita aumenta e passa dalle 2.130 del 2019 alle 2.834 del 2023. Per quanto riguarda i pronto soccorso della Regione nel 2023 ci sono stati 1.951 accessi in ‘codice rosa’, di cui 400 da parte di minorenni: le persone assistite dai consultori nel 2023 per casi di abuso e maltrattamento sono state 920 (contro le 810 del 2022)

Sui centri antiviolenza “si deve potenziare, valorizzare. Io che sono sempre attento al bilancio della Regione dico che non c’è riserva alcuna su intervenire, spendere: accanto ai 25 centri antiviolenza, alle 28 case rifugio, al ‘codice rosa’ dico di fare di più”, le violenza e i femminicidi “sono il problema vero della società”. Lo ha dichiarato il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, a margine della presentazione del rapporto sulla violenza di genere in Toscana. “In Toscana e lo vediamo con l’esperienza del ‘codice rosa’ – ha aggiunto – il rapporto tra tutte le forze pubbliche, magistrature, Asl, forze dell’ordine, le attività che la Regione svolte è importante e positivo. L’importante è, anche tra tutti noi, è creare il senso della cultura del contrasto alla violenza: accanto all’azione di ordine pubblico sono fondamentali i percorsi di emersione, il far dire”.

“Credo che il tema della violenza contro le donne non sia legato al fenomeno migratorio ma piuttosto alla cultura patriarcale della nostra società. Credo che sia fondamentale educare al rispetto delle differenze tutte, alla parità, alla non violenza nelle scuole di ogni ordine e grado”. Lo ha dichiarato l’assessora all’istruzione e alle pari opportunità della Regione Toscana Alessandra Nardini, a margine della presentazione del 16/o rapporto sulla violenza di genere, in occasione de La Toscana delle Donne. “Credo che si debba partire coinvolgendo i nidi in questo percorso per far crescere i nostri bambini liberi da quei pregiudizi che tanto male hanno fatto a intere generazione di donne e uomini”, ha commentato Nardini. Secondo l’assessora “si deve cambiare la cultura patriarcale, sessista del nostro Paese, della nostra società: tutto ciò a differenza di quello che ha affermato, vergognosamente, nelle scorse ore il ministro dell’istruzione Valditara” e che è stato “confermato poi dalla stessa presidente Meloni che non aiuta i diritti e le libertà delle donne”. Nardini ha concluso affermando che “come Regione abbiamo rifinanziato in questa legislatura la legge 16 del 2009, la legge sulla cittadinanza di genere”.