Space equal to itself è la nuova mostra della fotografa Bärbel Reinhard presso Lo Spazio a Pistoia.
Bärbel Reinhard, tedesca di Stoccarda che da anni vive e lavora in Toscana, presenta in space equal to itself vari cluster poetici: sono raggruppamenti di fotografie di varie dimensioni e soggetti che giocano sui rimandi e le associazioni mentali.
Tutto il lavoro in mostra si muove tra analogie e ambiguità. Le immagini evocano, suggeriscono, stimolano, ispirano. Lo sguardo è soggetto a un movimento continuo: tra vicino e lontano, forme naturali e artificiali, paesaggi e corpi, dolcezza e asprezza.
Il titolo della mostra viene da Mallarmè – “Lo spazio a sé identico, s’accresca o si neghi” – ed è citato in inglese perché, come mi ha detto l’artista “L’espace à soi pareil qu’il s’accroisse ou se nie” mi piace molto ma non sarei in grado di pronunciarlo con nonchalance. E mi sembrava più interessante di vedere anche la “trasformazione” nelle traduzioni dall’originale”.
Quello della trasformazione infatti è un concetto chiave: questi bei lavori di Baerbel Reinhard evocano un costante movimento. Giustapponendo corpi e natura, i clusters esposti in space equal to itself fanno sprizzare scintille di intuizione e suggeriscono frammenti di invisibile nel visibile.
Sono “immagini e immaginazioni di nuove cartografie visive”, come dice lei stessa, “che liberano le immagini dalla loro appartenenza, e da un ordine storico, gerarchico, geografico”.
Da dove vengono questi lavori?
“Mi ha sempre affascinato” mi ha risposto l’artista “il fatto di poter mettersi in nuovi contesti, ricominciare e riconnettersi, trovare parallelismi e contrasti che possono stuonare, stupire, diventare qualcosa di nuovo.
E un po’ un il file rouge in diversi lavori miei è il chiedersi cosa nasce di nuovo, nei dubbi e nelle nostre sicurezze di appartenenze e categorie, accostando oppure talvolta anche fondendo elementi estranei”.
E l’interesse a liberare le immagini dal loro contesto?
“La liberazione dalla provenienza e da un collocamento preciso mi sembrano molto liberatorie in generale. Quando la mia lingua preferita è diventata la fotografia sono passata da un primo approccio più documentario e “illustrativo”, dove di una storia viene testimoniato luogo, tempo, e avvenimento, a un approccio più aperto.
All’inizio avevo anche da combattere con gli stereotipi di come deve fotografare una tedesca (fredda distaccata alla Duesseldorfer Schule oppure romantica)”.
“Non mi piacciono le etichette che vengono applicate per facilitare la categorizzazione, le tassonomie, significato e significante, ma che alla fine tralasciano il potenziale espressivo fuori da essi. Tutto il mio lavoro si basa sulla ricerca di liberarsi dalle costrizioni.”
Così sono nati i clusters. Da dove vengono le immagini? Sono tue o riutilizzi fotografie di altri?
“Le immagini sono tutte composte da fotografie mie. Anche nel caso delle cartografie si tratta di fotografie che ho fatto a delle mappe. Alcune immagini provengono dal mio archivio e la maggior parte sono state scattate come una forma di richiamo reciproco in giro per paesaggi e musei, soprattutto in Italia.”
In space equal to itself i bei lavori di Baerbel Reinhard toccano le corde della poesia e suggeriscono strade originali per racconti in continua trasformazione.
Margherita Abbozzo. Tutte le immagini courtesy dell’artista. La mostra rimane aperta fino al 8 dicembre 2018.