Dal 2013 al 2018 +17% negli Usa e ben +47% in Svizzera. Le vendite all’estero dei rossi made in Tuscany superano Veneto e Piemonte. E’ quanto emerge dalla ricerca Wine Monitor Nomisma per Consorzio Vino. Busi: il marchio Chianti vale 400 milioni
Le esportazioni di vini rossi Dop della Toscana crescono soprattutto nei Paesi extra Ue. Un aumento in molti casi superiore alla media nazionale. La Toscana conquista la vetta della classifica per valore dei vini rossi esportati rispetto a quelli veneti e piemontesi nei principali mercati, compresi Giappone e Cina, con un valore nel 2018 pari rispettivamente a 14,2 milioni di euro e 10 milioni di euro.
“La Toscana ha una grande denominazione e sui mercati esteri è più facile arrivare se si fa massa critica” ha detto Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti. “Noi rappresentiamo 2800 aziende, oltre l’80% delle realtà e questo è un grande riconoscimento – ha sottolineato Busi – della base produttiva al nostro lavoro. Il Chianti schiera 100 milioni di bottiglie, sugli scaffali già loro si fanno pubblicità. La fotografia dell’export, che grazie all’accordo di libero scambio Ue-Giappone ci vedrà tornare a breve da protagonisti nel Sol Levante, ci da’ la misura e l’importanza che i vini Dop toscani hanno sul mercato internazionale e su cui costruire un programma di promozione e valorizzazione lungimirante e strategico. Proprio per consolidare la posizione acquisita e dare nuovo slancio abbiamo avviato la Chianti Academy, la prima scuola dedicata a professionisti del settore per diventare esperti del vino Chianti Docg già avviata in Cina e ora anche in America Latina. La nostra produzione è in crescita, le nostre attività di marketing puntano ai nuovi mercati del Sud-Est Asiatico e del Sudamerica, ma servirebbero accordi bilaterali per entrarci a dazi zero”.
“Il Chianti – ha detto Busi – ha superato la crisi di prezzo e di produzione del 2010 e del 2011. Da quel momento il percorso di rilancio della nostra grande denominazione ha visto togliere gli impianti obsoleti con il rinnovamento – ha sottolineato Busi, al Mipaaft – del 70% del vigneto, che porterà ad un aumento della produzione, oggi attestata a circa 100 milioni di bottiglie. A questo punti dobbiamo cercare nuovi mercati dove dovremmo insegnare cosa è la nostra storia e la nostra denominazione che vale 400 milioni di euro. Da qui l’importanza del Chianti Academy, la prima scuola dedicata a professionisti del settore per diventare esperti del vino Chianti Docg già avviata in Cina e ora anche in America Latina. “Di dove venite?” ci chiedevano dieci anni fa in Cina e non avevano idea né dell’Italia e neanche della Toscana. In nove anni che andiamo oltre la Grande Muraglia il mondo del vino in Cina è cambiato di molto: le differenze tra i diversi vini vengono ora apprezzate, e vengono apprezzate la produzioni più leggere”. Il settore, secondo il dirigente Mipaaft Luigi Polizzi, “mostra vivacità d’impresa nella consapevolezza delle future sfide. Prima fra tutte il cambiamento climatico da affrontare con l’innovazione tecnologica.
Importante la protezione della denominazioni e gli accordi commerciali: in arrivo – ha annunciato Polizzi – quello con Singapore con una ventina di denominazioni in via di registrazione”. Sulla stessa linea Busi: “Fondamentale – ha concluso – per essere competitivi sono gli accordi bilaterali. Alla politica, a Roma e a Bruxelles, chiediamo anche la sburocratizzazione del sistema. Molte aziende associate sono Pmi, e lamentano oneri e un costo diretto troppo alti. Il registro telematico non ci aiuta perché manca la banda larda. Occorre dare infrastrutture nelle campagne prima di chiedere servizi innovativi agli imprenditori” ha concluso Busi nella prima di un ciclo itinerante di conferenze stampa che porterà il Consorzio a Milano e a Firenze questa settimana.