Si sarebbe posto a capo di una setta fingendosi il diavolo, e poi, forte della sua autorità, avrebbe costretto gli adepti, anche minorenni, a subire atti sessuali a seguito di un ‘patto col diavolo’.
Una setta si riuniva nei boschi di Prato per praticare dolorosi riti di iniziazione. A capo ci sarebbe stato un 23enne: avrebbe convinto i suoi adepti di essere il diavolo e di avere poteri soprannaturali, al solo scopo di abusare sessualmente di loro. La storia è andata avanti per oltre un anno, fino a quando la madre di una delle presunte vittime si è rivolta alle forze dell’ordine, facendo scattare le indagini che hanno portato alla denuncia del presunto ‘Satana’ e, ieri, a una serie di perquisizioni nei suoi confronti. Almeno quattro le presunte vittime degli abusi, tre ragazzi tra cui due minorenni, e una giovane. Il 23enne avrebbe persuaso gli appartenenti di essere dotato di poteri soprannaturali, e di averli scelti per salvare il mondo.
Per convincerli della sua superiorità e porli in uno stato di soggezione psicologica al fine di abusarne, avrebbe anche elaborato una sorta di rituale di resurrezione, inscenando uno strangolamento da parte di un sodale, al termine del quale si rialzava da terra fingendo di rimettersi a posto il collo. Gli adepti, tutti in stato di forte soggezione psicofisica, erano anche convinti a sottoporsi a violenze fisiche, dalle dita negli occhi e morsi sulle braccia detti ‘del vampiro’: tutto sarebbe servito a recuperare i poteri delle entità soprannaturali nelle quali si erano incarnati in passato, come vampiri e lupi mannari. In alcuni casi le violenze avrebbero provocato nelle vittime la temporanea perdita dei sensi, che secondo il ‘diavolo’, come si faceva chiamare il 23enne, erano un passaggio necessario per sconfiggere le entità maligne.
Il ‘diavolo’ era anche capace di trasformarsi, attraverso una pratica che chiamava shifting, in altre creature, cambiando il timbro della voce. I tre ragazzi sarebbero inoltre stati costretti ad inviargli foto di nudo sul telefono. Le immagini, diceva il 23enne, non venivano visualizzate da lui ma da ‘Hydra’, un’entità cibernetica presente nel suo telefono che però si attivava solo in presenza di una rete wi-fi. Le violenze sessuali a cui gli adepti erano costretti a sottostare venivano praticante nel cosiddetto “rituale dello sblocco”, che avveniva per lo più nell’auto del 23enne. Al fine di recuperare presunti ricordi di vite pregresse e armi appartenute loro in passato, gli adepti erano anche indotti a inalare incensi e cristalli che venivano chiamati ‘sali’ o ‘sangue di drago’.