“L’arte alla radio, con il direttore del Museo Novecento Sergio Risaliti. “La donna alla finestra”, di Renato Paresce, (tecnica mista su cartoncino, 1931)
Nato in una famiglia benestante e cosmopolita Renato Paresce (1886 Caurouge- 1937 Parigi) ha avuto una vita breve ma intensa e piena d’incontri decisivi che ne hanno determinato la sua carriera di artista. Di formazione scientifica, giornalista e scrittore, inizia a dipingere da autodidatta a Firenze, dove trascorre parte della sua giovinezza. Nel 1912 parte per Parigi con sua moglie Ella Klatckho, ritrovandosi in un ambiente brulicante di emozioni, passioni, discussioni, che mescola intellettuali, artisti, dissidenti, anarchici, comunisti e cospiratori. Parigi è la sua seconda patria, ma soprattutto l’incontro con le avanguardie, con i grandi protagonisti di quella stagione unica dell’arte, della letteratura, ma anche nel teatro e nella musica. Qui inoltre ci sono i grandi musei, da frequentare per farsi le ossa e prendere le misure sul proprio lavoro e quello dei propri colleghi. Il suo pensiero però è rivolto all’Italia di cui si farà paladino difensore in quella città al centro del mondo. Sebbene sia critico con il nostro paese, odiandone la cultura reazionaria, conservatrice e bigotta, Paresce crede con cognizione di causa nella superiore qualità dell’arte italiana. Nel 1928, un gruppo di sette pittori Italiani, di stanza da più anni nella Ville Lumiere, si riunisce in una mostra al Salon des escalier, presentati dal critico Waldemar George come Italiens des Paris: Tozzi, che farà da collante, i fratelli De Chirico e Savinio, De Pisis, Campigli, Severini e Paresce che è il più classico tra loro. Il momento di maggior successo del gruppo sarà la Biennale di Venezia del 1930. La vita di Paresce si conclude dopo un viaggio alle isole Figi e in America. Malato ai polmoni si spenge a Parigi nel 1937 e viene seppellito nel cimitero di Pere Lachaise. Dopo la morte, la moglie vende molte opere del marito per finanziare la causa trotzkista.
La donna alla finestra è un incastro di spazi domestici tenuti assieme dal filo ormai sottile della prospettiva. L’effetto visivo qui creato è di una realtà ricostruita a tavolino. Montata assieme scientificamente per essere poi abitata dal mistero, da sentimenti ed emozioni che non sono illustrati ma restano in sospensione, in attesa. La donna è affacciata alla finestra, forse è appena salita in casa. La porta è difatti aperta. All’interno della casa in cui abita, s’intravedono le scale che portano al piano di sopra. Una seconda apertura, fa da contraltare, ma ha le persiane chiuse. La donna potrebbe aver salutato qualcuno poco fa. E’ salita di sopra per vedere allontanarsi il suo compagno e amante, o forse un figlio, che se va, che esce di scena nella nostra direzione, attraversando la piccola piazzetta davanti casa. Forse è partito per un lungo viaggio? Potrebbe bastare questo a spiegare la presenza di un vascello che si allontana a vele spiegate. Appare oltre l’arco che si apre nella piazzetta, un belvedere, che ci fa capire che la donna alla finestra abita in alto, sopra un ampio golfo. Sotto, ma non lo vediamo c’è forse la baia con il molo e il porto. Altre navi, altri arrivi e partenze. O forse, ci sbagliamo, l’azione si svolge in direzione opposta e l’imbarcazione con il suo carico affettivo sta tornando da qualche paese lontano, riportando racconti di avventure vissute in mondi esotici. La donna alla finestra potrebbe essere allora Penelope e il personaggio mancante Ulisse. Il quadro è come un teatro con una sua scenografia e una sceneggiatura che è solo in parte allusa, per lasciare a chi guarda la possibilità di contemplare e immaginare quanto vi si cela. La scena frutto di una pratica molto concettuale e mentale, racconta però una storia di sentimenti e affetti, allude a ragioni ed emozioni del cuore. La direzione del racconto si muove in un senso e nell’altro: in opposte direzioni. Lei resta immobile alla finestra, inseguendo l’oggetto del desiderio che l’ha appena lasciata in attesa, oppure guarda in un crescendo d’intensità a mano a mano che l’attesa si compie e l’amante si avvicina. Il quadro parla dell’attesa, quella di chi resta e aspetta il ritorno? O del tempo che non passa mai in attesa dell’imminente arrivo? Gli argomenti in gioco sono allora l’attesa e il tempo sospeso di chi sta alla finestra con il cuore che batte o langue, l’animo che si svuota o si colma, la fiamma del desiderio che arde o quasi si spegne. Anche la luce sembra partecipare di questo sentimento, l’aria e’ tersa, le tende non si muovono. L’ora che non passa è quella di una giornata metafisica. La donna a ben vedere è un manichino. Stiamo guardando allora un teatrino. Tutto ci appare adesso in miniatura. Il dipinto svela tutto di sé e della sua scienza pittorica. Paresce ha voluto mostrare perfino la scontornatura messa in bella evidenza al margine del bordo, per ricordarci che si deve diffidare della realtà che a suo dire è “una disgrazia inevitabile, ma una disgrazia”. Anche lui in certo modo ha compreso la grande lezione di de Chirico, ma l’ha svoltata a suo modo, mescolando romanticismo e astrazione, classicità e avanguardia. “Son forse un illusionista confesserà di se stesso. …Lo furono Piero della Francesca, il mago giocoliere che dava i bianchi colori puri di arcobaleno, o Paolo Uccello che inscenava mirifiche lotte di armi più che di armati su fondi di siepi di rose”. E infine si esprimerà laconicamente: “Con del vero fo del falso”. Ma false non sono le emozioni, i sentimenti che ci comunica questo dipinto. La donna alla finestra siamo noi, oggi, ieri, domani in attesa salutando chi parte, desiderando chi torna.
Immagine: Museo Novecento, Raccolta Alberto Della Ragione. Fototeca dei Musei Civici Fiorentini.