Riportare il lavoro tra le prioritĂ del carcere per l’abbattimento della recidiva delle persone sottoposte a provvedimenti limitativi o restrittivi della libertĂ personale e aiutarle a reinserirsi nella societĂ . Questo il tema principale al centro dell’incontro “Carcere, diritti e lavoro” promosso da Cgil Firenze e LâAltro Diritto. L’occasione è servita per una ricognizione delle criticitĂ del sistema carcerario in Italia e, nello specifico, di Sollicciano dove solo 8 persone su un totale di 531 detenuti sono adibite al lavoro esterno e 18 sono impegnate in un corso di orticoltura.Â
“LâOrdinamento Penitenziario stabilisce che il lavoro deve essere garantito, retribuito, tutelato e mai avere carattere afflittivo. Tuttavia, e sono dati del Dipartimento dellâamministrazione penitenziaria 2023, solo un terzo dei detenuti lavorano e di loro solo uno su sette lavora per imprese private o cooperative (1 su 20 per datori di lavoro esterni). Quelli che lavorano per lâamministrazione penitenziaria per poche ore al giorno o per pochi giorni in impieghi a scarso contenuto professionalizzante e con ridotte previsioni contrattuali dovrebbero avere pari dignitĂ e trattamento rispetto a tutti i lavoratori: retribuzione, contributi, accesso agli ammortizzatori e anche riconoscimento della Naspi”, su cui la Cgil Firenze sta giĂ affrontando due cause pilota.Â
Sottolinea lâassessore al sociale del Comune di Firenze, Nicola Paulesu, tra i relatori, che “non è pensabile che tutti possano accedere a dei percorsi di reinserimento, quello che noi dobbiamo fare è agire in modo che tutto questo possa avvenire in numeri sempre maggiori, ed è un lavoro che dovrĂ essere fatto dopo aver individuato i soggetti piĂš adeguati per accompagnare queste persone verso un’opportunitĂ concreta di lavoro, e aver coinvolto le realtĂ del Terzo Settore e sociali in grado di prendersi carico dei bisogni che, sappiamo, non solo di natura giudiziaria, ma investono anche l’aspetto della salute mentale e delle dipendenze”. “Tutto questo – ha aggiunto Paulesu – deve avvenire in un contesto di integrazione socio-sanitaria che deve essere estremamente concreto. Il Comune sostiene i percorsi, ma la priorità è ridefinirli in termini di pragmaticitĂ affinchĂŠ le risorse, circa 500 mila euro, non vengano sprecate. Vanno costruiti percorsi di senso con la partecipazione attiva di tutti i portatori di interesse”.
Quanto al carcere di Sollicciano, permangono i nodi cruciali: dallâaspetto strutturale ed edilizio alle possibili alternative al carcere e alla detenzione, al rispetto dei diritti alla affettivitĂ , alla salute e alla salubritĂ dellâambiente, tutti elementi propedeutici al reinserimento sociale che dovrĂ essere sostenuto al momento dellâuscita dal carcere. Come ha detto Giuseppe Fanfani, garante regionale dei detenuti, “la cosa piĂš importante sarebbe strutturare il lavoro una volta in uscita, perchĂŠ non si può pensare che una persona che è stata in carcere poi trovi lavoro tranquillamente se non viene accompagnata in un percorso di questo tipo, perchĂŠ nessuno li vuole, tanto per parlare chiaro e non essere ipocriti”. “Serve una struttura predeterminata (pubblica) che investa dei soldi e partendo dalla necessitĂ di imprenditoria esterna – mancano cuochi, lavapiati, netturbini, moltissimi muratori – e vada all’interno del carcere e strutturi queste preparazioni in funzione di quello che il territorio richiede, faccia conoscere preventivamente gli imprenditori a queste persone e poi creino le condizioni perchĂŠ attraverso una modifica legislativa della Legge Smuraglia per quattro 5 cinque anni vi sia uno sgravio contributivo per chi prende un detenuto in uscita e lo fa lavorare”.
Ancora, Sollicciano “rappresenta la punta dell’iceberg del fallimento del sistema carcerario italiano. La politica nazionale non ha investito molto in Toscana, abbiamo tante” strutture “piccole che non riescono a svolgere le funzioni a livello territoriale: penso a Arezzo, Grosseto, Pistoia, Lucca, Massa Marittima. Sollicciano e Prato sono gli unici grandi serbatoi per i detenuti”. CosĂŹ Donato Nolè, coordinatore nazionale Fp polizia penitenziaria, secondo cui “dovrebbero essere distinti i circuiti penitenziari. A Firenze Sollicciano è poco confacente all’idea di sicurezza”.
“Nelle carceri non vengono garantite le condizioni minime, come quelle igienico-sanitarie”, “il governo sta portando avanti una politica fatta di propaganda, di un pericolosissimo populismo penale. Il governo esaspera le paure, aumenta il numero di reati, peggiora la condizione delle persone”. Lo ha dichiarato Daniela Barbaresi, della segreteria nazionale Cgil. “Eventi come questo – ha aggiunto – accendono i riflettori su una condizione che riguarda 62mila persone detenute nelle carceri italiane, a cui si aggiungono coloro che lavorano all’interno di questi ambienti. C’è un tema enorme di sovraffollamento, che supera il 133%, con picchi elevatissimi in alcune carceri”. A livello numerico “nei primi dieci mesi del 2024 siamo a 75 suicidi, dato superiore allo stesso periodo del 2022 quando si raggiunge il record storico”.