Ascolta l’intervista live a Juan Martin Guevara. Il fratello del guerrigliero cubano, in occasione della presentazione del suo libro ‘Il Che, mio fratello’ è stato ospite degli studi di Controradio nell’ambito della trasmissione Todo Cambia.
“Chi pensa che Che Guevara sia incarnazione della violenza, senza dubbio è qualcuno con tanti ettari, molti soldi in banca o entrambe le cose; e dunque non vuole che la situazione cambi perchè non vogliono perdere il molto che hanno”. Lo ha detto Juan Martin Guevara, fratello del guerrigliero cubano, presentando il suo libro ‘Il Che, mio fratello’ (Giunti).
“Oggi mio fratello avrebbe molti nemici – ha poi spiegato Juan Martin -, lotterebbe contro lo strapotere del mercato e le insidiose guerre ‘morbide’ che porta in giro per il mondo per sostenersi. Lotterebbe contro l’Ue, contro il Sudafrica, terra di gravissime discriminazioni, contro gli Usa ovviamente, ed i padroni della finanza, e anche contro i Brics, come l’India, dove ci sono disuguaglianze terribili. Sono tanti nemici, ma tutti fanno parte dello stesso sistema, la finanziarizzazione del mondo a danno dei popoli”. Il problema della contemporaneità, ha poi aggiunto, è che “si è rotto un meccanismo. Ora siamo come sul Titanic, e siamo diretti verso l’iceberg. La debolezza del capitalismo è sotto gli occhi di tutti, ma il popolo, a differenza che nel ’68, per fare un esempio, è disunito e senza speranze. Ecco il punto in cui qualcosa si è rotto: ogni volta che c’è stata una crisi del capitalismo c’è stata una rivoluzione. Ma il tentativo, oggi è impedire, benchè il capitalismo sia di nuovo in crisi, che ve ne sia un’altra. La gente è attirata in un sistema di divertimenti, di distrazioni, in cui l’obiettivo è non far pensare nessuno. Perchè altrimenti le persone si renderebbero conto di quanto stanno male”.
In questo contesto, ha proseguito Juan Martin Guevara, “ormai la parola rivoluzione ci fa drizzare i capelli, ci spaventa. E’ una grande differenza con il passato”. Juan Martin spiega poi di non accettare l’accostamento, praticato da alcuni, tra i concetti di rivoluzione e terrorismo, in quanto entrambi atti portatori di violenza. “La rivoluzione porta il cambiamento. Il terrorismo vuole solo distruggere”, dice. Quanto al ritorno dei movimenti estremisti di destra in Europa. “è il segno della gravissima crisi della sinistra, che ovunque è in ritirata, non esiste o è frammentata. Ma il popolo sta comunque male, e dunque segue ciò che che trova. Bisognerebbe che arrivassero nuovi partiti che sappiano come portare avanti davvero le istanze della gente”.
Ascolta l’intervista di Raffaele Palumbo