Accadrà a Livorno e il braccio di mare interessato è quello tra la città labronica e la costa grossetana, con il progetto sperimentale “Arcipelago Pulito” al centro di un protocollo d’intesa siglato oggi tra la Regione Toscana, il Ministero dell’ambiente, l’Unicoop Firenze, Legambiente, l’Autorità portuale del Mar Tirreno Settentrionale, Labromare che è la concessionaria per il porto di Livorno per la pulizia degli specchi acquei portuali, la Direzione marittima della Toscana, l’azienda di raccolta dei rifiuti Revet e la cooperativa di pescatori Cft.
L’accordo, che riguarda i trecento chilometri quadrati di mare tra Livorno e Grosseto, nel cuore dell’Arcipelago toscano e del Santuario dei cetacei, avrà inizialmente una durata di sei mesi e chiude un cerchio al momento interrotto. Fino a ieri infatti i pescatori toscani erano costretti a ributtare in acqua i rifiuti in plastica pescati durante l’attività ittica: la legge, per quanto assurdo possa sembrare, li rendeva produttori di rifiuti se li avessero condotti a riva. Da domani invece avranno l’opportunità di portarli in porto, destinarli al riciclo e così contribuire a liberare l’ambiente marino dalle plastiche.
Quello dell’immondizia del mare è un problema grave e globale: si stima che nel mondo ogni anno si producano 280 milioni di tonnellate di plastica, nel 2050 saranno il doppio e una parte non trascurabile finisce nelle acque marine, con danni incalcolabili per flora e fauna. Il Mediterraneo è particolarmente esposto al pericolo, visto che si tratta di una mare semichiuso in cui sboccano numerosi fiumi che trasportano anche tanti rifiuti; si pensa che siano almeno 250 miliardi i frammenti di plastica al suo interno e alcuni studi fatti sul mar Tirreno ci dicono che il 95 per cento dei rifiuti galleggianti avvistati, più grandi di venticinque centimetri, siano di plastica, il 41 per cento di questi costituiti da buste e frammenti. Statisticamente si trovano più di tredici di questi grandi rifiuti ogni chilometro quadrato – in alcuni bracci di mare possono arrivare ad essere anche tre volte tanto – e molti rimangono per l’appunto impigliati nelle reti dei pescatori.
Con l’intesa di oggi i rifiuti non solo saranno portati a riva e stoccati per essere poi trattati. Il progetto avrà un valore anche scientifico – servirà infatti a raccogliere ulteriori dati sulle plastiche disperse in mare -, aiuterà a facilitare la messa a regime di un sistema oggi non regolato affinché diventi qualcosa di strutturale e si accompagnerà ad un’opera di sensibilizzazione verso i cittadini e consumatori, per agire anche a monte sulla catena che porta a disperdere rifiuti in mare. Tutto è nato da un suggerimento della Fondazione Angelo Vassallo, il sindaco pescatore di Pollica, nel salernitano, ucciso dalla criminalità organizzata nel 2010. Lo ricorda lo stesso presidente della Toscana: un’iniziativa semplice, ma è così che si risolvono a volte i grandi problemi. Quell’idea ha poi trovato sponda, sottolinea l’assessore alla presidenza, nel lavoro che la Regione sta portando avanti sul tema dell’economia collaborativa e circolare: un lavoro dove tutela dei beni comuni, impegno attivo per l’ambiente, sostegno alla competitività toscana e alle produzioni locali sono parole d’ordine che si ripetono su più fronti. Con questo progetto la collettività si fa carico del mare, il pescato acquista più valore e sulle tavole alla fine, con acque nel tempo più pulite, arriverà anche un prodotto migliore e più sicuro.Si parte a marzo con la formazione dei pescatori e tra la primavera e l’estate poi in mare, per sei mesi appunto. All’inizio saranno coinvolte imbarcazioni di grandi dimensioni, una decina.Successivamente potrebbero essere utilizzate però anche le barche più piccole delle ventiquattro in forza alla cooperativa. Su ciascuna sarà installato un contenitore, separato, dove stivare i rifiuti. Ad ogni uscita le imbarcazioni che fanno pesca a strascico e raccolgono grandi quantitativi di plastiche le porteranno così in porto, dove saranno ammassate in un’area ben determinata (già individuata), analizzate e classificate da tecnici per poi essere destinate al riciclaggio o allo smaltimento. L’esperimento interessa Livorno ma nel prosieguo potrebbe essere replicato altrove: a Piombino, l’isola d’Elba e Capraia, ha sottolineato l’Autorità portuale, ma anche in altrove. L’interesse e coinvolgimento del Ministero potrebbe farne anche una buona pratica nazionale.
Unicoop Firenze partecipa con un contributo specifico destinato ai pescatori per il servizio svolto, che poi sono gli stessi che forniscono parte del pescato che si trova nei punti vendita della cooperativa: in particolare Unicoop Firenze ha deciso infatti di mettere a disposizione del progetto il centesimo che soci e clienti, per legge, dall’inizio dell’anno devono pagare per le buste in mater-b dell’ortofrutta. L’inquinamento della cooperativa contro l’inquinamento dalla plastica arriva del resto da lontano. Era il 2009 quando i sacchetti biodegradabili hanno sostituito le buste tradizionali alla cassa, prima che lo imponesse una legge. Il mater-B per l’ortofrutta è arrivato invece nel 2012, esteso nel 2014 a tutti i punti vendita. Anche i clienti sono attenti all’ambiente: oggi il 70 per cento ha imparato a utilizzare le buste riutilizzabili. Scelte ecosostenibili che hanno permesso in dieci anni di produrre 4.900 tonnellate in meno di rifiuti di plastica e emettere in atmosfera tremila tonnellate in meno di anidride carbonica.