Lo fa con una lettera inviata alla alla commissione Pari Opportunità della Toscana di cui l’avvocata di origini somale finita nell’occhio del ciclone per un’intervista al Tirreno fa parte. “I Talebani sono esattamente quello contro il quale mi batto fin da quando ero una bambina”
“In seguito all’articolo apparso il giorno 24 agosto 2021, ritengo opportuno fare questa ulteriore precisazione con riferimento a quanto dichiarato al giornalista estensore dell’articolo, in quanto ritengo di essere stata completamente fraintesa. Io considero reato promuovere o sostenere moralmente o materialmente le organizzazioni integraliste e criminali, compreso il regime talebano tradizionale. I Talebani sono esattamente quello contro il quale mi batto fin da quando ero una bambina e ho dovuto subire sulla mia pelle le conseguenze del fondamentalismo, pagandone le conseguenze per anni”. E quanto scrive Nura Musse Ali nella lettera inviata alla commissione Pari Opportunità della Toscana.
“La mia non voleva essere una critica contro l’operato delle nazioni occidentali in Afghanistan, che si sono battute con grande impegno per sconfiggere il fondamentalismo, i Talebani, e creare i presupposti perchè le libertà civili fossero rispettate e la democrazia si affermasse. Purtroppo questo impegno non è riuscito ad entrare nella vita della gente, specialmente quella più lontana dalle città principali, facendo sì che i talebani prendessero il potere là dove non sono arrivate le nazioni occidentali e dove è stato più facile imporsi tra la povera gente” continua.
“Mi sono resa conto solo leggendo l’articolo quanto sia stata ingenua nell’esprimere le mie idee. Data la mia plurima identità mi sono sempre illusa persino di poter offrire idee ‘nuove’ per estirpare il fondamentalismo dal pianeta. Come testimoniano anche miei scritti, rifletto su questi temi (fondamentalismo, mutilazioni dei genitali femminili, velo, matrimoni forzati e altre forme di privazione di aggressione dell’essere) sin dalla prima adolescenza. E il mio punto di vista traspare in modo nitido in ciascuno di loro, sebbene questi scritti non siano noti al grande pubblico”.
“Io sono con tutte le donne afgane che vedranno i loro diritti vessati, calpestati, che magari subiranno mutilazioni nella culla, matrimoni forzati nell’infanzia e lapidazioni nell’età adulta. Io sono per i diritti, per un altro mondo ovunque. E ritengo che quel mondo sognato sia raggiungibile solo attraverso un’istruzione di massa di quelle popolazioni che purtroppo sono ancora vittime del fondamentalismo” scrive ancora.
“Io non ho mai detto di essere a favore del “ritorno” del Talebani. Sono sempre stata contro il regime talebano e credo che la mia storia di vita lo dimostri senza bisogno di aggiungere parole. Mentre scrivo, sono incredula di dovermi difendere da una simile strumentalizzazione”.
“Mi scuso con tutte le persone che hanno letto l’articolo e hanno potuto essere indotte a pensare le cose oggi sono a smentire con forza. Vorrei potermi scusare soprattutto con chi ha dato la vita per la libertà, se le mie parole possono aver fatto pensare una cosa simile. Chi mi conosce sa chi sono e cosa penso. Conoscermi non è difficile, basta leggere quello che scrivo perché la scrittura è stata la mia amica fedele per tutta la vita. Quando scrivo parlo con me stessa e al mondo per raccontare quante volte io per prima sono stata privata della libertà e ho pianto per questo. Ed è per questo motivo che risulta per me del tutto inconcepibile essere descritta come sostenitrice del velo, della lapidazione o delle mutilazioni”.
“Mi voglio anche scusare, infine, per aver messo in difficoltà tutti coloro che hanno creduto in me e mi hanno concesso la loro fiducia e in particolare la Commissione Pari Opportunità, nella quale ho appena iniziato il mio percorso, con grande entusiasmo e dedizione. Forse ingenuamente, avevo immaginato che il mio intervento potesse essere costruttivo e utile ad un dibattito privo di strumentalizzazioni, con tutti coloro che hanno a cuore il destino del popolo afghano. Mi spiace che sia passato qualcosa che non sono io, che qualcuno abbia potuto leggere in quell’articolo cose che sono lontane da me anni luce. Chi mi conosce sa quanto sia doloroso per me dovermi difendere dalle accuse che mi vengono rivolte. Non condannatemi” conclude.
Nell’audio la nostra intervista alla presidente della commissione pari -opportunità della Regione Toscana, Francesca Basanieri