Livorno, i funzionari dell’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli (ADM) della città portuale, con il supporto del personale dell’Ufficio Veterinario Adempimenti Toscana – Posto di Ispezione Frontaliera Livorno/Pisa, hanno operato un sequestro amministrativo finalizzato alla confisca di 126.380 kg di mangimi per animali in esportazione per la Nigeria, per divieti connaturati all’esportazione, trasportati all’interno di cinque container.
Si tratta di una partita di mangimi dichiarata come “mangime per animali da compagnia”, o pet food, contenente il 25% di PAT – Proteine Animali Trasformate di ruminanti, selezionata come CD (controllo documentale) dal Circuito Doganale di Controllo ma elevata a VM (verifica fisica della merce) dall’Ufficio delle Dogane di Livorno perché la documentazione presentata ingenerava perplessità e non era ritenuta esaustiva e soddisfacente.
Dalla verifica fisica è poi emersa una evidente criticità in merito alle etichettature poste sui sacchi del mangime, che indicavano la dicitura “raw material for production of animal feed” – ovvero “materia prima per la produzione di mangime per animali”, dunque un’indicazione generica, senza che fosse specificata la destinazione all’utilizzo per la produzione di pet food. Inoltre la merce presentava le componenti disaggregate, non particolarmente polverulente e fortemente sgrassate, tali da renderle difficilmente utilizzabili direttamente come cibo per animali.
Tale mangime, per le caratteristiche evidenziate e rilevate all’atto della verifica, avrebbe potuto essere utilizzato dal destinatario come mangime per animali da reddito, come per esempio pesci da acquacoltura o animali da allevamento. I Regolamenti di settore però vietano l’esportazione di mangimi contenenti PAT di ruminanti, tranne nei casi in cui il mangime sia un mangime finito e destinato esclusivamente agli animali da compagnia.
Il motivo di tale divieto è da individuare nel rischio che le PAT di ruminanti potrebbero contenere il morbo della BSE, più noto come ‘mucca pazza’, e dunque entrare prima nella catena alimentare degli animali da reddito, allevamenti e acquacoltura, e poi nella catena alimentare umana, contagiando così gli esseri umani col morbo della BSE.
Al termine del controllo all’esportatore è stata comminata una sanzione amministrativa.