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Altopascio: la Liberazione è un ‘passaggio di testimone’

25 aprile Altopascio

Come in un passaggio di testimone ideale tra passato, presente e futuro, il 25 aprile di Altopascio unirà il ricordo e la memoria con l’impegno degli studenti delle scuole.

La Festa della Liberazione, organizzata da Comune, Anpi e Istituto comprensivo di Altopascio, comincerà alle 9.30 alla chiesina di San Rocco, in piazza Umberto I, dove si terrà il saluto istituzionale e la deposizione della corona. A seguire i ragazzi della scuola elementare di Altopascio leggeranno la loro “lettera al partigiano”, scritta dagli stessi studenti, che la consegneranno poi al presidente dell’Anpi – sezione di Altopascio.

Alle 10 il corteo si sposterà in piazza Ospitalieri passando da Porta dei Vettori: altri ragazzi della scuola elementare di Badia Pozzeveri terranno una rappresentazione per omaggiare Andrea Bianchi, il partigiano Ras, ucciso nell’eccidio di Vizzola.

Davanti al muro del cimitero di Vizzola il 21 marzo 1945 furono fucilati tre giovani partigiani: Giuseppe Azzolini, di 17 anni. “Andrej” era il suo nome di battaglia, faceva il calzolaio con suo padre. Ferdinando Bremi, di 16 anni, detto “Milan” perché nato a Milano, e abitante a Santa Maria del Piano nel comune di Langhirano. Andrea Bianchi, di 27 anni, con il nome di “Ras”, nato ad Altopascio, sposato e padre di un bimbo.

Erano stati catturati il 14 marzo durante un rastrellamento, a Castrignano di Langhirano, dai bersaglieri della divisione Mameli. Una volta arrestati, i bersaglieri della divisione ‘Italia’ ne pretesero la consegna e trasportarono i prigionieri a Sala Baganza dove il 21 marzo incontrarono i familiari.

Questi vennero rassicurati dal comandante che i loro congiunti sarebbero stati rilasciati. La sorella di Giuseppe riuscì a vedere per pochi momenti il fratello da una finestrella: il giovane, con il volto livido, chiese alla sorella se anche lei fosse stata arrestata e affermò di non aver parlato. I parenti tornarono a casa sollevati, ma subito dopo la loro partenza i ragazzi furono caricati sui camion e condotti a Riccò dove alloggiavano altri bersaglieri della stessa divisione. Dal paese il gruppo di militari condusse i ragazzi a piedi attraverso i campi fino al luogo più appartato di Vizzola: davanti al cimitero vennero trucidati. Alla scena assistettero in lontananza diversi abitanti, alcuni dei quali ricordano oggi come allora quel drammatico episodio. Altri furono avvertiti dagli strilli di una donna che si trovava nelle vicinanze. Superato il primo momento di paura alcuni di loro si recarono sul luogo della tragedia, solo per constatare come i giustizieri si fossero accaniti sui corpi dei giovani. Alcuni si misero a raccogliere i resti e li composero dentro la cappella del cimitero: unico gesto pietoso rivolto ai tre ragazzi.

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