Per il contrasto alla malattia di Alzheimer si apre una nuova speranza, molto probabilmente la prima in assoluto così concreta. A comunicarlo l’azienda statunitense Biogen, che a inizio 2020 chiederà alla FDA (organo regolatorio Usa sui farmaci) l’autorizzazione per il farmaco sperimentale “Aducanumab”, un anticorpo specifico contro la proteina tossica ‘beta-amiloide”, da sempre principale indiziata nell’Alzheimer.
Dopo una prima fase, in cui si erano spente le tante aspettative riposte su questa molecola, tanto da chiudere anticipatamente il trial clinico in corso a causa di risultati deludenti, l’azienda, proseguendo l’analisi dei dati, ha osservato che, ad un dosaggio maggiore, l’anticorpo effettivamente funziona, rallentando la progressione del declino cognitivo tipico dell’Alzheimer.
In sostanza, i pazienti che hanno ricevuto aducanumab hanno ottenuto significativi benefici nei parametri cognitivi e in funzioni come la memoria, l’orientamento e il linguaggio. I benefici si sono notati nelle attività della vita quotidiana, tra cui la gestione delle finanze personali, l’esecuzione dei lavori domestici, come le pulizie, la spesa e il bucato, e la gestione degli spostamenti in modo autonomo fuori casa.
Se approvato, aducanumab diventerebbe la prima terapia autorizzata per ridurre il declino clinico nella malattia di Alzheimer e sarebbe anche il primo trattamento a dimostrare che la rimozione di beta-amiloide genera benefici clinici. Aducanumab risulterebbe efficace ad alte dosi nei pazienti affetti da Alzheimer in fase prodromica o lieve. Se tutti i passaggi formali andranno a buon fine, il farmaco potrà essere disponibile in Italia nell’arco di due anni.
“Una notizia che ci rende felici, perché sapere che è stato individuato il primo potenziale farmaco al mondo in grado di contrastare l’Alzheimer permette di pensare sin da ora alla malattia con una prospettiva diversa – è il commento dell’assessore al diritto alla salute Stefania Saccardi – La Toscana ormai da diversi anni ha intrapreso un imponente percorso di potenziamento e innovazione dei servizi specifici per la demenza, oltre che di supporto ai malati e alle loro famiglie. E la notizia del prossimo arrivo del nuovo farmaco dovrà inevitabilmente integrarsi in questo percorso, aprendo certamente nuovi scenari sui modelli di cura, assistenza e presa in carico globale della persona malata di Alzheimer. Ci attiveremo presto con tutti gli esperti che a livello regionale si occupano di demenze, per analizzare gli scenari che si potrebbero presentare alla luce di questa straordinaria novità”.
La programmazione della Regione Toscana prevede interventi di qualificazione e innovazione delle prestazioni e del modello organizzativo dei servizi per la demenza, all’interno della rete dei servizi per la non autosufficienza. In particolare con la delibera n.1402 dell’11 dicembre 2017, “Piano Regionale demenze e indicazioni per l’organizzazione di una rete sociosanitaria integrata per la cura e l’assistenza delle persone con demenza e il sostegno ai familiari”, che recepisce pienamente le indicazioni del Piano Nazionale Demenze.
“Un risultato della ricerca che apre un nuovo scenario nella sfida alla malattia di Alzheimer – dichiara Manlio Matera, presidente di Aima (Associazione italiana malati di Alzheimer) Firenze -, rendendo concreto l’obiettivo della diagnosi precoce della malattia. Per una prescrizione appropriata del farmaco, è infatti necessario intercettare i casi di Alzheimer in fase iniziale, anche attraverso un’ampia campagna di informazione e prevenzione. L’Aima farà in questo la sua parte”.
Per alimentare e sostenere l’inevitabile processo continuo di innovazione dell’assistenza alle persone con demenza, sia negli aspetti diagnostico-terapeutici che in quelli organizzativo-funzionali, un ruolo strategico potrà ricoprirlo il Cridem (Centro di ricerca e innovazione per la demenza), di cui si è dotata di recente l’Azienda ospedaliero universitaria di Careggi. Il Centro potrà assicurare risposte cliniche, assistenziali e riabilitative di eccellenza, mediante la sinergia costante con le attività di ricerca clinica e sui servizi sociosanitari, trasferendo competenze, conoscenze e buone prassi alle aziende territoriali, potenziando così i processi innovativi in ambito di demenze.