Le opere di Anish Kapoor a Palazzo Strozzi fino a febbraio – L’esposizione propone un percorso tra monumentali installazioni, ambienti intimi e forme conturbanti, creando un originale e coinvolgente dialogo tra lo scultore, l’architettura e il pubblico.
Le opere del celebre artista britannico di origine indiana Anish Kapoor, 69 anni, invadono gli spazi di Palazzo Strozzi a Firenze attraverso una grande mostra che include una nuova opera immersiva per il cortile rinascimentale, giocando tra irreale e inverosimile. La Fondazione Palazzo Strozzi presenta la mostra “Untrue Unreal” (7 ottobre – 4 febbraio 2024) ideata e realizzata insieme al celebre maestro che ha rivoluzionato l’idea di scultura nell’arte contemporanea. A cura di Arturo Galansino (AUDIO), direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, l’esposizione propone un percorso tra monumentali installazioni, ambienti intimi e forme conturbanti, creando un originale e coinvolgente dialogo tra l’arte di Anish Kapoor, l’architettura e il pubblico di Palazzo Strozzi. Attraverso opere storiche e recenti, la mostra rappresenta l’opportunità di entrare in contatto diretto con l’arte di Kapoor nella sua versatilità, discordanza, entropia ed effimerità. Palazzo Strozzi diviene un luogo concavo e convesso, integro e frantumato allo stesso tempo in cui il visitatore è chiamato a mettere in discussione i propri sensi. Nell’arte di Kapoor, l’irreale (“unreal”) si mescola con l’inverosimile (“untrue”), trasformando o negando la comune percezione della realtà. L’artista invita a esplorare un mondo in cui i confini tra vero e falso si dissolvono, aprendo le porte alla dimensione dell’impossibile.
La mostra si sviluppa negli spazi di Palazzo Strozzi tra le sale del Piano Nobile e il cortile rinascimentale, in un viaggio attraverso la variegata pratica artistica di Kapoor, che mette in discussione le nozioni di forma e informe, finzione e realtà. Al centro del cortile si erge “Void Pavillion VII” (Il padiglione del vuoto VII, 2023), nuova opera di Kapoor specificatamente ideata per il cortile di Palazzo Strozzi e realizzata grazie al sostegno della Fondazione Hillary Merkus Recordati. Il grande padiglione si pone allo stesso tempo come punto di partenza e di approdo nel dialogo tra l’arte di Kapoor e Palazzo Strozzi. Entrando in questo spazio, i visitatori si trovano di fronte a tre ampie forme rettangolari vuote in cui lo sguardo è invitato a immergersi, in un’esperienza meditativa su spazio, prospettiva e tempo, che sconvolge la razionale struttura geometrica e l’emblematica armonia dell’edificio rinascimentale. Al Piano Nobile la mostra inizia con l’iconica opera “Svayambhu” (2007), termine sanscrito che definisce ciò che si genera autonomamente, corrispettivo delle immagini acheropìte cristiane non dipinte da mano umana. Il lavoro propone una riflessione dialettica tra vuoto e materia: un monumentale blocco di cera rossa si muove lentamente tra due sale di Palazzo Strozzi, plasmando la sua materia informe nel rapporto con l’architettura che attraversa. Quest’opera si pone in dialogo con “Endless Column” (Colonna infinita, 1992), che fa esplicito riferimento alla celebre omonima scultura di Constantin Brâncuși. Su una diversa scala, ma con lo stesso effetto spaziale e architettonico, si pone “To Reflect an Intimate Part of the Red” (Per riflettere una parte intima del rosso, 1981), opera fondamentale nella carriera di Kapoor nella sua affermazione sulla scena internazionale come una delle più originali voci nell’arte contemporanea: un suggestivo insieme di forme in pigmento giallo e rosso che emergono dal pavimento, fragili, quasi ultraterrene ma potentemente presenti.
In “Non-Object Black” (Non-oggetto nero, 2015) – caratterizzato dall’uso del Vantablack, materiale altamente innovativo capace di assorbire più del 99,9% della luce visibile – Kapoor mette in discussione l’idea stessa di oggetto fisico e tangibile, presentandoci forme che si dissolvono al passaggio dello sguardo. In questi lavori rivoluzionari e di forte impatto, Kapoor ci spinge a interrogarci sulla nozione stessa dell’essere, proponendo una riflessione non solo sull’oggettualità ma sull’immaterialità che permea il nostro mondo. Questa forte esperienza del non-oggetto continua in “Gathering Clouds” (Nuvole che si addensano, 2014), forme concave monocrome che assorbono lo spazio circostante in una oscurità meditativa. L’arte di Kapoor offre infatti un nuovo modo di vedere e pensare a come viviamo la realtà, grazie al suo uso unico di forma e saturazione, in opere permeate da una profonda connotazione psicologica. La carne, la materia organica, il corpo e il sangue sono temi ricorrenti e fondamentali nella ricerca di Kapoor. Un’intera sala della mostra è dedicata a opere in cui l’artista si confronta con ciò che appare come un’intimità sventrata e devastata in una dimensione entropica e abietta del corpo. La grande scultura in acciaio e resina “A Blackish Fluid Excavation” (Scavo con fluido nerastro, 2018) evoca un incavo uterino contorto che attraversa lo spazio e i sensi dello spettatore. Nelle opere esposte a parete Kapoor unisce invece la pittura e il silicone dando origine a forme fluide che ci appaiono come masse viscerali, che sembrano pulsare di vita propria. Le strutture si contorcono, si espandono e si contraggono, proponendo un senso di movimento e di trasformazione continua, ma anche una forte sensualità tattile che emerge dall’interazione tra le sensazioni di morbidezza e solidità, organicità e linearità. Evocano queste suggestioni gli stessi titoli delle opere: “First Milk” (Primo latte, 2015), “Tongue Memory” (Ricordo della lingua, 2016), “Today You Will Be in Paradise” (Oggi sarai in paradiso, 2016), “Three Days of Mourning” (Tre giorni di lutto, 2016). La tradizionale nozione di confini e la dicotomia tra soggetto e oggetto sono temi centrali invece in opere specchianti come “Vertigo” (Vertigine, 2006), “Mirror” (Specchio, 2018) e “Newborn” (Neonato, 2019), ispirato ancora una volta alle sperimentazioni formali di Brâncuși. Conclusione del percorso espositivo al Piano Nobile è la sala dedicata all’opera “Angel” (Angelo, 1990), grandi pietre di ardesia ricoperte da strati di pigmento blu intenso. Questi pesanti massi appaiono in contraddizione con il loro aspetto incorporeo: sembrano infatti solidificare l’aria e suggerire la trasformazione di lastre di ardesia in pezzi di cielo, trasfigurando così l’idea di purezza in un elemento fisico. Kapoor altera la forte materialità dell’opera ed evoca così un senso di mistero che risponde all’ambizione di matrice esoterica di raggiungimento della fusione degli opposti.
Dichiara Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra: “Le opere di Kapoor uniscono spazi vuoti e pieni, superfici assorbenti e riflettenti, forme geometriche e biomorfe. Rifuggendo categorizzazioni e distinguendosi per un linguaggio visivo unico che unisce pittura, scultura e forme architettoniche, Kapoor indaga lo spazio e il tempo, il dentro e il fuori, invitandoci a esplorare i limiti e le potenzialità del nostro rapporto con il mondo che ci circonda e a riflettere su dualismi come corpo e mente, natura e artificio. Le sue opere suscitano stupore e inquietudine, mettendo in discussione ogni certezza e sollecitandoci ad abbracciare la complessità. In un mondo in cui la realtà sembra sempre più sfuggente e manipolabile, Anish Kapoor ci sfida a cercare la verità oltre le apparenze, invitandoci a esplorare il territorio dell’inverosimile e dell’irreale, untrue e unreal”. Anish Kapoor ha lavorato a Palazzo Strozzi realizzando “un progetto espositivo totalmente nuovo”, spiega Arturo Galansino. “Sulla scia della nostra serie di esposizioni dedicate ai maggiori protagonisti dell’arte contemporanea, Kapoor si è confrontato con l’architettura rinascimentale. Il risultato è totalmente originale, quasi una sorta di contrapposizione dialettica, dove simmetria, armonia e rigore sono messi in discussione e i confini tra materiale e immateriale si dissolvono. Nelle geometrie razionali di Palazzo Strozzi, Kapoor ci invita a perdere e ritrovare noi stessi interrogandoci su ciò che è untrue o unreal”.