Parassiti, pesticidi ed eventi meteorologici estremi: sono questi i principali nemici delle api, responsabili della decimazione di intere colonie.
A individuare i nemici delle piccole api, con il primo studio sistematico condotto su un’area molto vasta, è la ricerca italiana pubblicata sulla rivista Scientific Reports nell’ambito di un approfondimento sul declino e l’estinzione degli insetti e condotta dalla Scuola Superiore Sant’Anna utilizzando dati americani.
La statistica Francesca Chiaromonte, coordinatrice della EMbeDS (Economia e Management nell’era della Data Science) della Scuola Sant’Anna e della Pennsylvania State University osserva che, “comprendere il declino delle api è di assoluta importanza perchĂ© gli impollinatori ricoprono un ruolo fondamentale dal punto di vista biologico ed economico. Il nostro studio è il primo a considerare un’elevata estensione spazio-temporale – l’intero territorio degli Stati Uniti, per un periodo di diversi anni – e molteplici potenziali fattori di stress”.
I dati emersi dalla ricerca
Al netto delle differenze geografiche e stagionali, i tre fattori indicati nella ricerca sembrano essere quelli determinanti. Tramite le diverse fonti di dati pubblici, i ricercatori hanno raccolto e integrato informazioni sullo stato delle colonie di api, sui fattori di stress che le influenzano, le condizioni meteorologiche e di utilizzo del suolo negli Stati Uniti nel periodo compreso tra il 2015 e il 2021.
E’ emerso così che l’acaro parassita Varroa destructor è fra i principali nemici delle api. “E’ diffusa in tutti i continenti ed è fortemente associata alla moria di api. La lotta a questo acaro rappresenta una delle sfide piĂą importanti per l’apicoltura moderna”, osserva Luca Insolia, primo autore dello studio e che, dopo gli studi alla Scuola Sant’Anna è post-doc all’UniversitĂ di Ginevra, dopo aver conseguito il PhD in Data Science e aver collaborato con il Dipartimento EMbeDS della Scuola Sant’Anna.
“Acari come la Varroa destructor – aggiunge – seguono andamenti stagionali e gli apicoltori potrebbero sfruttare i risultati del nostro studio per implementare trattamenti piĂą efficaci e per supportare varie altre pratiche apicole, come le attivitĂ di nomadismo, la nutrizione suppletiva e lo svernamento”.
Fra le stagioni poi , l’inverno è la piĂą pericolosa per le api, rileva Martina Calovi, fra gli autori dello studio e ora alla Norwegian University of Science and Technology dopo gli studi alla Scuola Sant’Anna.
“Sebbene -dice- sarebbero necessari altri dati per comprendere appieno il ruolo del cambiamento climatico, i nostri risultati sugli effetti negativi di eventi meteorologici estremi sulle api forniscono alcune importanti evidenze preliminari”.
“Auspichiamo -conclude- che il nostro studio possa contribuire a una maggiore sensibilizzazione verso la raccolta di dati, così come la loro condivisione con il mondo della ricerca, negli Stati Uniti ed in altre regioni del mondo, compresa”.