La finanza di Lucca sta eseguendo una misura di prevenzione emessa dal tribunale di Firenze nei confronti di un imprenditore 53enne residente a Caserta, attivo tra la Toscana e la Campania, e del coniuge, con il sequestro di beni immobiliari e mobili e di società, per un valore di circa 7 milioni di euro.
L’attività trae origine dall’operazione ‘Ghost Tender’ che nel marzo 2018 coordinata dalla Dda di Firenze, portò, oltre che a primi sequestri di beni, all’arresto di 5 persone tra Toscana e Campania. Inoltre, furono denunciati altri a piede libero, in quanto appartenenti o fiancheggiatori di un’associazione a delinquere operativa dal luglio 2013, con base a Lucca e vicina a un clan camorristico (“Casalesi”, fazione “Zagaria”) radicato nel Casertano, dedita a illecita aggiudicazione di appalti, frodi in pubbliche forniture e riciclaggio. L’inchiesta riguardava decine di appalti della Asl 3 – Napoli Sud, per lavori edili per milioni di euro, banditi per importi inferiori ai valori soglia.
l sequestro a Caserta e Lucca ha riguardato 25 conti correnti, otto società, 18 locali a uso commerciale, 32 abitazioni, sette autorimesse e quattro terreni. Il patrimonio sarà ora gestito da amministratori nominati dal tribunale di Firenze. Sono stati i pm della Dda di Firenze, Luca Tescaroli e Giulio Monferini, a chiedere l’applicazione delle misure preventive personali e patrimoniali e l’Ufficio misure di prevenzione del Tribunale. Sotto la lente degli inquirenti sono finite decine di appalti della Asl 3 – Napoli Sud (con sede a Torre del Greco), per milioni di euro, in relazione a commesse per lavori edili, banditi per importi inferiori ai valori soglia, oltre i quali sarebbe stato necessario ricorrere alle procedure ordinarie di affidamento. Perciò c’erano “rapporti corruttivi” con un dirigente della stessa Asl: non solo aveva aggiudicato l’appalto in violazione delle norme di trasparenza, correttezza e imparzialità, ma aveva consentito al gruppo di conseguirne il pagamento, pur in assenza di esecuzione dei lavori. In questo modo, le imprese riconducibili al gruppo criminale erano risultate, a turno, aggiudicatarie di numerosi appalti per lavori falsamente attestati ma in gran parte non eseguiti. Nell’inchiesta accertamenti patrimoniali avevano evidenziato la “pericolosità” degli indagati, in quanto ritenuti “indiziati” sia di reati commessi “al fine di agevolare l’attività” dell’associazione mafiosa dei “Casalesi – fazione Michele Zagaria”, che di trarre i propri mezzi di sostentamento da delitti a sfondo patrimoniale. Inoltre è stata accertata la sproporzione del patrimonio disponibile rispetto al proprio reddito, in relazione al periodo di riferimento (2013 – 2019). Attualmente il procedimento è in fase di udienza preliminare.