Secondo uno studio eseguito da ARPAT, le alte temperature delle acque e le elevate percentuali di saturazione di ossigeno, combinate con le forti piogge cadute gli scorsi giorni, che determinano percolamento dal terreno, sono state, presumibilmente, le cause della moria di pesci notate domenica sera nelle acque del fiume Arno.
L’analisi sulle cause della moria è stata effettuata grazie al monitoraggio supplementare che ARPAT esegue fra i mesi di giugno e settembre, dal quale è stato possibile osservare, tramite 4 sonde localizzate in punti differenti, i parametri di temperatura, ossigeno disciolto e in saturazione, potenziale redox, conducibilità e pH; particolare attenzione è stata riservata ai primi due parametri, che sono confrontati con soglie di attenzione e di allarme, che rappresentano il 90 e 95 percentile di valori misurati negli ultimi dieci anni.
In relazione all’evento avvenuto nei giorni scorsi, le misure della sonda di Buonriposo riportano temperature elevate fino a 30 gradi durante la settimana fino a venerdì, con percentuali di saturazione di ossigeno oltre il 140 %, considerate molto alte per la zona in esame; tali valori poi subiscono un drastico calo nel fine settimana in occasione dell’evento meteo di notevole intensità che ha interessato tutta la regione ed in particolar modo la provincia di Arezzo. Questi eventi anomali provocano stress alla fauna ittica, a cui si è aggiunge un abbassamento dei valori minimi di ossigeno nel fine settimana.
Trend similari sono stati riscontrati anche nelle tre stazioni di monitoraggio più a valle del fiume Arno; nella stazione di Calcinaia tale situazione risulta tuttavia incerta nei valori assoluti a causa dell’anomalo posizionamento delle sonde causato dall’ondata di piena del fiume.
L’ARPAT, inoltre, fa alcune precisazioni in relazione all’ipotesi che, nella zona di Pontedera, possa esserci un’area di riproduzione dei muggini, dicendo che è da escludere perché questi pesci, come quasi tutte le specie ittiche marine che vivono anche in acque di transizione, possono riprodursi solamente in mare. Tra i muggini la specie che si spinge più a monte è Liza ramada, ma non risulta che si spinga molto oltre il tratto pisano dell’Arno.
Si presume quindi che gli esemplari morti siano stati avvistati non lontano da dove si è verificato l’evento; è possibile però che almeno in parte provenissero da affluenti dell’Arno in quell’area. Inoltre questa specie di muggini si adatta bene ad acque a salinità molto bassa , per questo può risalire anche per diversi chilometri i corsi d’acqua, anche dove il cuneo salino del mare non può arrivare.
La notizia che la mortalità ha riguardato solamente i muggini potrebbe non essere completamente corretta in quanto questa specie ha una biomassa molto elevata in Arno, rappresentata in gran parte da esemplari di grandi dimensioni; è quindi possibile che la moria di muggini abbia mascherato, ad un primo esame, morie analoghe di specie meno abbondanti e di dimensioni minori. L’altra specie con biomassa abbondante in Arno, il pesce gatto, è molto più resistente del muggine a condizioni ambientali sfavorevoli.