Cresce di poco, lo 0,6%, l’economia regionale, ed è inferiore allo 0,9% medio nazionale, con un fatturato dell’industria in calo del 3,5% a prezzi costanti, e un export nominale del +2,8% mentre l’export reale arretra dello 0,6%. Prosegue, dunque, la debole fase congiunturale dell’economia toscana avviatasi nel 2022, come emerge dai dati di Bankitalia Firenze.
Non è ancora abbastanza. E’ questo, in estrema sintesi, quello che emerge dai dati forniti da Bankitalia Firenze, attraverso le parole del suo direttore, Vito Barone: la Toscana ha ancora molta strada da fare per una ripresa che suoni proporzionale alla voce ‘resilienza’, termine sempre più usato anche dagli economisti per significare il livello accettabile della qualità del credito, della produttività e dei consumi. Nel 2023, l’economia del territorio disegna una parabola stabile, a tratti decrescente, complici l’incertezza geopolitica, l’elevata inflazione e le politiche monetarie restrittive, una debole fase congiunturale partita con la metà del 2022 e non ancora finita. Se a livello internazionale tengono le esportazioni grazie a farmaceutica e meccanica, rimane alta la soglia di attenzione e criticità sul comparto moda che “dopo un decennio di crescita importante, tale da portare la Toscana ad essere la prima regione in termini di valore aggiunto nel Paese, deve fare i conti con quelli che potrebbero essere anche problemi strutturali”. Così Barone, che aggiunge che Bankitalia sta compiendo ricerche approfondite di cui sapremo verso la fine dell’anno. Ci sarebbe poi, più in generale, un fattore dimensionale delle realtà imprenditoriali sul nostro territorio che limita fortemente le capacità di investimento e dunque di innovazione tecnologica, ormai fondamentale per competere a tutti i livelli, interni ed esteri. Se si aggiunge la questione natalità delle imprese regionali, il più basso della media nazionale, il dato parrebbe tratto, se non fosse per quegli investimenti stranieri, soprattutto nei settori manifattura e trasporti, effetto di un sound Toscana ancora in parte attrattivo. Con il segno più ci sono invece le opere pubbliche, sostenute dal PNRR, i flussi turistici e una certa autonomia finanziaria che ha prodotto un calo dei presiti bancari.
L’aumento degli occupati è in media dello 0,6%, con un tasso di disoccupazione ulteriormente calato al 5,3%, ma il reddito reale ristagna (-0,1%), e i consumi (+1,4%) sono stati frenati dall’inflazione. “C’è un lieve recupero del potere d’acquisto da parte delle famiglie – ha detto Barone – perché l’inflazione passerà, secondo stime, dal 5,6% dello scorso anno all’1,2% di quest’anno. Le retribuzioni sono nel frattempo leggermente risalite, quindi il potere d’acquisto dovrebbe aumentare e questo dovrebbe avere dei benefici sui consumi. Per il resto le dinamiche sono simili a quelle del 2023, con una riduzione ulteriore del credito”.