Lo annuncia Bekaert in una nota, precisando che “nonostante le difficoltà e la situazione di emergenza pandemica, proseguono le attività per una possibile reindustrializzazione” della fabbrica dismessa dalla multinazionale belga dello steel cord
“In ragione della prossima conclusione del periodo di cassa integrazione, e non potendosi ancora prevedere soluzioni certe” per i 176 lavoratori di Figline Valdarno, “la società si trova nella necessità di avviare la procedura di licenziamento collettivo”. Lo annuncia Bekaert in una nota, precisando che “nonostante le difficoltà e la situazione di emergenza pandemica, proseguono le attività per una possibile reindustrializzazione” della fabbrica dismessa dalla multinazionale belga dello steel cord.
“Non essendo allo stato disponibili ulteriori ammortizzatori sociali – si legge nella nota – ed essendo prevedibile che il sito di Figline si troverà
ancora in una situazione di eccedenza occupazionale al 9 marzo 2021, Bekaert ha avviato oggi, come già previsto nei precedenti accordi e cioè in tempo utile rispetto alla scadenza del trattamento di integrazione salariale, la nuova procedura di licenziamento collettivo per il personale che sarà ancora inforze a tale data”.
In ogni caso, precisa Bekaert, “anche durante il periodo di durata della procedura, la Società continuerà a porre in essere tutte le azioni e gli interventiprecedentemente concordati con i Sindacati e le Istituzioni,
finalizzati alla reindustrializzazione del sito ed al ricollocamento dei lavoratori.
Nella prossima riunione di aggiornamento presso il Mise verrà condiviso lo stato di avanzamento delle azioni intraprese e delle opportunità emerse,
con l’auspicio che si possa arrivare in tempi stretti ad una chiara dichiarazione di impegno da parte dei potenzialiinvestitori”.
Ad oggi infatti “sono stati raggiunti risultati positivi – spiega l’azienda – in ;;termini di ricollocamenti, ma l’intensa attività di promozione e ricerca di possibili investitori finalizzata alla reindustrializzazione del sito, portata avanti anche nel 2020, pure con tutte le difficoltà, rallentamenti e
limitazioni date dall’emergenza epidemiologica, non hanno ancora portato alla sottoscrizione di alcun accordo vincolante in grado di assicurare l’occupazione dei 176 lavoratori rimanenti”.