“Famiglia è anche il carattere che deve assumere ogni comunità umana, anche una città” con la “vita delle persone, soprattutto dei più deboli”, al centro “delle preoccupazioni della convivenza civile”.
Si tratta di una prospettiva decisiva” per Firenze “se vuole restare comunità pur accettando che la bellezza, di cui è erede, possa essere
condivisa anche da altri. L’alternativa non è tra una comunità chiusa e una città senza identità, ridotta a vetrina del tempo che fu. C’è un’altra strada: quella di una Firenze capace di accoglienza proprio perché pulsante di vita e di rapporti sociali, di lavoro creativo e di umana solidarietà. La Chiesa è pronta a continuare a fare la propria parte”. Così il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, nell’omelia della messa di Natale in Cattedrale.
“”Di fiducia e speranza abbiamo profondo bisogno, in specie per ridare forza al nostro desiderio di vita – ha detto anche Betori -. Di fronte al Bambino che nasce a Betlemme la nostra società ha il dovere di interrogarsi su che cosa si sta facendo per invertire la rotta della denatalità in cui stiamo precipitando come popolo. Nessuno si può sottrarre alla responsabilità di aver lasciate sole le famiglie, anzi di averle dimenticate per lasciar spazio a un opprimente individualismo,
ignorate dai legislatori, oscurate dalla cultura egemone, deformata la loro immagine autentica nella comunicazione che confonde tra loro realtà non assimilabili”. “La contemplazione del mistero di Dio per noi e del mistero dell’amore tra noi ci induca, infine – ha concluso -, a sentimenti di stupore e di gratitudine” pur se è difficile “in una mondo che vuole tutto programmato e sotto controllo, che pretende perfino di piegare la nostra libertà al comando degli algoritmi”.
La messa della notte, Betori l’ha celebrata tra i terremotati del Mugello. “Della “parola di speranza” che porta la nascita di Gesù “abbiamo
particolare bisogno in questa terra del Mugello, segnata dal terremoto. Il timore segna ancora i nostri cuori, e questo è naturale, ma non dobbiamo lasciarci vincere dalla paura” ha detto tra le altre cose nell’omelia.
Inagibile la chiesa di S.Silvestro, la funzione si è tenuta in una gremita
palestra: circa un migliaio i presenti tra abitanti, i tanti volontari lodati dallo stesso cardinale, i sindaci e i sacerdoti come don Stefano Livi, parroco di S.Silvestro.
Betori ha spiegato di aver voluto celebrare la messa a Barberino per manifestare il suo affetto e per la sua “esperienza” di terremoti: viene dall’Umbria e “non può dimenticare come la casa sua e dei suoi fratelli dovette essere rasa al suolo dopo il terremoto del 1997, per essere poi
ricostruita” e che “per ben due anni, essendo inagibile la cattedrale di Foligno” ha “celebrato ogni domenica prima sotto un tendone e poi in un prefabbricato. Un disagio e una precarietà che ci faceva sentire però più vicini al Signore”.
“Gesù, con Maria e Giuseppe – ha aggiunto – si è trovato alla sua nascita in una situazione per alcuni aspetti simile a quella vissuta qui, nel Mugello, da molta gente: senza una casa, nella precarietà non di una grotta ma di un ricovero di fortuna”, “da condividere con altri, noi peraltro più fortunati di Gesù, in quanto gli altri con cui condividere un tetto sono uomini e donne e non un bue e un asino”. “Ma se gli animali, secondo la tradizione, hanno offerto il loro calore al Bambino – ha detto
ancora -, le persone con cui si è condiviso l’alloggio precario”, sono stati “strumento non solo di calore umano ma anche di concreto sostegno materiale. È quindi importante per noi sentirci comunità, aiutati dalle amministrazioni locali e dalle parrocchie”.