La Biennale di Venezia apre per la 58esima edizione. Con la curatela di Ralph Rugoff, statunitense che nella vita civile fa il direttore della Hayward Gallery di Londra.
Rugoff ha scelto titolo e tema della Biennale di Venezia di quest’anno, dando il “là” a tutto. Un tutto un pò inusuale, perchè “May you live in interesting times” è in realtà una antica maledizione cinese. Forse autentica o forse no. In ogni modo, una scelta curiosa come chiave di lettura.
Infatti “May you live in interesting times” è “più che altro un approccio, che affida all’arte una funzione sociale. E’ un invito a considerare il corso degli eventi umani nella loro complessità” spiega Paolo Baratta, da 20 anni presidente della Biennale.
Mmhm. Comunque, intorno a questo tema della complessità Rugoff ha scelto 79 artisti da tutte le parti del mondo. Che sono molti meno rispetto a edizioni monstre del passato. E – udite, udite! – per la prima volta ci sono più donne che uomini.
Altra novità: ogni artista presenta due lavori, uno nello spazio dell’Arsenale e uno al padiglione internazionale ai Giardini.
L’idea è quella di cercare di avvicinarsi più del solito al lavoro e alle idee di ogni singola/o artista. Ognuno di loro, per May you live in interesting times, racconta il nostro mondo di fake news, social media, immigrazioni, confini, conflitti di identità…anche se alcuni lo fanno meglio di altri, ci sono molte cose interessanti. Appunto.
Ma “Non aver paura”. “Andrà tutto bene”. Come rassicura il bel lavoro che apre la mostra ai Giardini, di Antoine Catala. (Un bel tocco!)
La prima Biennale, ancora la migliore.
La Biennale di Venezia è nata nel 1895 e il suo format funziona così bene che negli ultimi 15-20 anni sono spuntate Biennali in ogni angolo del mondo. Ma quella di Venezia rimane il vero crocevia, e anno dopo anno vi si torna per vedere un pò che aria tira nel mondo dell’arte. E anche a imparare/divertirsi/inorridire… di sicuro in un modo o nell’altro la vecchia Biennale non delude mai.
Ed è così anche quest’anno. Sia nelle mostre principali – cioè quelle curate da Rugoff – che in quelle parallele dei vari padiglioni internazionali. Ognuno dei quali sceglie chi e cosa presentare, tenendo d’occhio il tema centrale ma operando scelte autonome.
Risultato: un fuoco di fila che assale i sensi.
Punte di diamante tra i padiglioni? Quello francese, con il lavoro di Laurie Prouvost. Ovvero l’arte al tempo dei social media. All’ennesima potenza.
E quello brasiliano: un toccasana energizzante e carico di vitalità.
Allora insomma merita questa Biennale? Senz’altro. Come sempre.
Margherita Abbozzo. (1,continua). Tutte le fotografie sono mie. La Biennale è aperta fino al 14 novembre 2019. Info pratiche qui.