Ven 22 Nov 2024
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ToscanaCronacaCadaveri in valigie: identificato uomo, figlio irreperibile da giorno scomparsa genitori

Cadaveri in valigie: identificato uomo, figlio irreperibile da giorno scomparsa genitori

C’è una quarta valigia nel cronaca dei corpi sezionati di Firenze. Il quarto ritrovamento permetterà la composizione dei resti a Medicina legale di un uomo e una donna. Lui, Shpetimi Pasho è stato individuato dal Ris di Roma grazie all’impronta digitale e a un tatuaggio. I resti della donna, a questo punto, potrebbero essere della moglie Teuta, 52 anni. Scomparvero entrambi il 2 novembre 2015 mentre erano in Toscana. Lo stesso giorno, ricostruito dagli inquirenti, in cui uscì dal carcere uno dei figli della coppia, per reati legati agli stupefacenti e dopo un secondo arresto tutt’e ricercato per evasione dai domiciliari.

C’è anche  una quarta valigia nel giallo dei corpi sezionati di Firenze, ritrovata nella stessa
striscia di terreno incolto delle altre tre, lungo la superstrada Fi-Pi-Li in ingresso nel capoluogo toscano, davanti al carcere di Sollicciano. Il quarto ritrovamento, favorito da una imponente pulitura del terreno sotto la carreggiata, permetterà la pietosa composizione dei resti a Medicina legale di un uomo e una donna, i cui corpi sono stati divisi in due valigie ciascuno dopo il duplice omicidio. Nella nuova valigia ci sarebbero le gambe dell’uomo, che mancavano finora.

Lui, Shpetimi Pasho, di origine albanese di 54 anni, ucciso con una coltellata alla gola, è stato individuato dal Ris di Roma grazie alla comparazione dattiloscopica delle impronte digitali, ricavate dal documento che fece per il permesso di soggiorno, con un dito che fa parte dei reperti delle valigie abbandonate. Ma anche un tatuaggio su un braccio ha aiutato l’identificazione, non tanto per il nome della città di origine, Valona che c’è scritto, quanto per le prime tre lettere del suo nome Shpetmi, Shp incise nella prima epidermide.

I resti della donna, a questo punto, potrebbero essere della moglie Teuta, 52 anni, lei uccisa, secondo i medici legali, in un pestaggio dove venne strangolata. Scomparvero entrambi nel novembre 2015 mentre erano in Toscana. Gli accertamenti medico legali puntano sul Dna e una delle figlie, Dorina Pasho, che vive tuttora a Castelfiorentino, è andata in caserma, al comando provinciale dei carabinieri di Firenze, anche con l’intenzione di sottoporsi al prelievo per favorire il confronto genetico, non solo per essere sentita dalla pm Ornella Galeotti e dagli investigatori. Nell’attesa dell’interrogatorio Dorina ha ridimensionato, la figura del fratello Taulent, irreperibile dal 2016 dopo esser evaso dagli arresti domiciliari. L’uomo deve ancora scontare quattro anni di reclusione, sempre per reati legati agli stupefacenti. “E’ un piccolo spacciatore”, ha detto ai giornalisti Dorina volendo escludere che l’omicidio dei genitori sia dovuto a una vendetta, forse per un debito. “Se fosse stato un delitto per droga – ha aggiunto – non avrebbero aspettato i miei genitori”, che facevano avanti e indietro dall’Albania alla Toscana, “ma avrebbero ammazzato me o mio fratello, ci conoscevano tutti a Castelfiorentino”.

Gli investigatori mettono in fila alcune date. Secondo la denuncia di scomparsa presentata da una figlia dei Pasho l’8 novembre 2015, la coppia era sparita sei giorni prima, il 2 novembre 2015, lo stesso giorno della scarcerazione da Sollicciano del figlio Taulent. E’ così che, identificati i resti nelle valigie, la figura del figlio spacciatore, irreperibile dall’ottobre 2016 (evase dagli arresti domiciliari), diventa sempre più centrale sempre che sia ancora vivo. Il suo ruolo nella vicenda apre ampie ipotesi per spiegare i due omicidi e il ritrovamento dei resti cinque anni dopo la loro scomparsa: quella della vendetta dall’esterno, forse legata ai suoi traffici, forse a uno sgarro, o quella di verità familiari, oppure di clan. Verità tutte da scoprire e tenute schermate, nell’oblio per anni. I carabinieri di Firenze hanno chiesto all’Interpol di verificare se Taulant Pasho sia attualmente detenuto in un carcere della Svizzera.

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