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Ven 21 Mar 2025
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ToscanaCronacaCalenzano: Giani, 'deposito Eni non deve più essere lì'

Calenzano: Giani, ‘deposito Eni non deve più essere lì’

Calenzano – “Io ritengo che l’Eni, lì a Calenzano, non ci debba più stare”. Lo ha affermato Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, interpellato dai giornalisti sugli sviluppi dell’indagine della procura di Prato, relativa all’esplosione al deposito Eni di Calenzano (Firenze) del 9 dicembre 2024 che causò 5 morti, il ferimento di altri 27 tecnici e lavoratori, di cui alcuni in modo grave, più danni materiali ingenti.

Ieri il procuratore Luca Tescaroli ha annunciato l’invio di avvisi di garanzia per sette manager di Eni e per altri due della ditta appaltatrice Sergen.

“La mia posizione voleva prima ascoltare l’esito di questa prima fase delle indagini”, ha detto Giani, a margine del festival ‘Salviamo la Terra’ oggi a Firenze, citando “quello che i media riportano delle dichiarazioni del procuratore Tescaroli, persona di assoluta autorevolezza che pondera bene sempre le cose che dice, e in cui ho fiducia anche per il modo con cui opera”.

“L’incidente sul lavoro – è la conclusione del procuratore di Prato – è risultato in concreto prevedibile, se fosse stata effettuata un’adeguata analisi dei rischi e delle condizioni operative”, “ed evitabile, se fossero state seguite correttamente le procedure di sicurezza, protezione e pianificazione che erano obbligatorie per effettuare l’intervento che doveva fare Sergen srl”. L’errore grave e inescusabile è ricavato dagli inquirenti dalla documentazione Duvri, il permesso di lavoro elettronico rilasciato da Eni a Sergen srl. Per Tescaroli i manager di Eni avrebbero agito “in assenza di un modello organizzativo che contenesse misure precauzionali per impedire la situazione di rischio prevedibile e evitabile che ha prodotto le esplosioni e l’incendio”, tipologia di evento che, peraltro, “Eni, secondo il metodo statistico utilizzato, aveva classificato con una probabilità di accadimento molto bassa”.
Eni aveva incaricato le imprese Sergen/Nolitalia di modificare l’impianto di Calenzano convertendo una ex linea della benzina a una nuova per biocarburante (l’olio biovegetale idrotrattato, l’Hvo). Durante i lavori, ha spiegato la procura, il 9 dicembre sono partite quattro esplosioni. L’origine del disastro è nata dalla fuoriuscita a pressione di benzina da una fessura, che ha fatto sì che si formasse una nube di aerosol. E c’è stata una piccola rottura in una flangia svitata dagli addetti Sergen sotto una valvola, la n.577 che fa parte della tubazione dismessa. Tale valvola doveva essere rimossa come deciso con Eni il 18 novembre 2024. Ma il 9 dicembre la stessa linea era ancora collegata – tramite la valvola n.575 – a un’altra tubazione che riceveva benzina da un condotto del diametro di otto pollici. Quando col carico delle autobotti, una linea funzionante – accanto a quella coi lavori in corso – ha cominciato a pompare, parte della benzina ha raggiunto la fessura ed è uscita. Dopo 33 secondi la nube è stata innescata dal motore caldo di una piattaforma elevatrice usata dai tecnici di Sergen. La procura ha ricostruito la sequenza. Alle ore 10, 21 minuti e 51 secondi il primo scoppio; un decimo di secondo dopo c’è stata la seconda esplosione – la più potente, che ha deformato due pilastri di acciaio – poi si sono incendiate le autobotti nelle corsie di carico, e circa due minuti dopo una telecamera ha ripreso uno scoppio minore (il terzo). La quarta esplosione – passano sei minuti – è di un camion-cisterna con gasolio, che si è surriscaldato ed è scoppiato a sua volta. Intorno, i cinque morti e i 27 feriti.