Proseguono serrati interrogatori, ispezioni e acquisizioni di documenti da parte della Procura di Prato che sta indagando sul disastro al deposito Eni di Calenzano. L’ipotesi è che non si siano rispettate le norme di sicurezza, mentre si cerca di capire cosa non abbia funzionato, soprattutto alla luce delle diverse segnalazioni di anomalie nelle linee di carico, come aveva fatto presente anche una delle vittime, Vincenzo Martinelli.
Due squadre di manutentori al lavoro mentre si effettuavano, a poca distanza, le operazioni di carico delle autobotti. Nell’inchiesta condotta dal procuratore capo di Prato, Luca Tescaroli, per ricostruire l’esatta dinamica dell’esplosione nel deposito Eni di Calenzano in cui sono morte 5 persone e altre 29 sono rimate ferite, stanno affiorando più marcati i contorni di quel momento di lunedì 9 dicembre, e si avvicinano rapide le prime iscrizioni nel registro degli indagati.
Si delineano responsabilità molteplici, in primis sul piano della sicurezza, dove sarà fondamentale appurare la compatibilità delle operazioni di manutenzione e riparazione, come è ormai chiaro si stesse effettuando in quelle ore per conto della Sergen di Potenza, incaricata ENI, mentre sulle corsie attigue gli autotrasportatori, tutti dipendenti della Bt di Roma, stavano procedendo all’approvigionamento di carburante. “Una consuetudine” che non è mai stata percepita come una condizione di pericolo, dice un camionista e sindacalista della Uiltrasporti Toscana, ma andrà chiarito anche se quanto contenuto nel Piano di rischio dell’impianto sia stato valutato correttamente o se invece sia stato sottostimato, documento già acquisito dalla Procura insieme ad altri protocolli e contratti di lavoro tra le varie sedi delle aziende coinvolte.
Le ricostruzioni evidenziano la fuoriuscita di una nube da una ‘baia’ – questo il nome delle corsie dove sostano le autobotti – prima dell’esplosione, un accumulo, si ipotizza, di vapori di benzina non convogliati e recuperati quindi in sicurezza nelle condotte. L’innesco può essere stato una piccola sorgente di calore o anche il contatto con un apparato elettrico come un cellulare, “e tutti ne avevano uno all’interno della cabina”, dice un autotrasportatore. Lunedì è previsto un altro sopralluogo alla presenza dei tre consulenti nominati dalla Procura. Intanto, a Careggi, sono terminate le autopsie cui seguiranno le verifiche per l’identificazione delle salme.