Firenze, dopo otto anni di lavoro si è conclusa la lunga campagna di restauri nella Sagrestia Nuova delle Cappelle Medicee, gioiello del gruppo Musei del Bargello.
I lavori di restauro, che si svolti sotto la guida di Monica Bietti, funzionario storico dell’arte e già responsabile del Museo delle Cappelle Medicee e d’intesa con il Direttore dei Musei del Bargello, Paola D’Agostino, hanno interessato sia le tombe con le celebri statue, sia il parato della Sagrestia Nuova.
Molto interessante dal punto di vista scientifico, ma anche storico, è stato il lavoro di  restauro del sarcofago di Lorenzo duca di Urbino, il monumento, risultava infatti alterato da macchie di colore scuro estese lungo tutto il basamento, queste macchie, dalle analisi eseguite dal CNR, sono risultate essere costituite da ossalati e materiali organici e ricondotte a liquidi organici filtrati fino all’esterno del sarcofago, macchie riconducibili alla sepoltura di Alessandro de’ Medici, figlio di Lorenzo duca d’Urbino, che fu assassinato e quindi sepolto senza essere eviscerato, come invece si usava all’epoca per la dinastia medicea.
Per l’eliminazione di queste macchie organiche e di altre di varia origine, come fosfati, gesso, tracce di silicati, tracce di ossalato di calcio, sono stati individuati alcuni ceppi batterici in grado di rimuovere selettivamente questi depositi, senza influenzare con la loro azione la materia originale, il marmo.
I ceppi scelti non erano cioè in grado né di precipitare né di solubilizzare i carbonati di calcio. Dopo aver testato undici diversi ceppi batterici su piccoli tasselli di prova, sono stati scelti i tre “migliori” per procedere alla biopulitura del sarcofago.
Impacchi di cellule dei ceppi Serratia ficaria SH7, Pseudomonas stutzeri CONC11 e Rhodococcus sp Z-CONT sono stati applicati nei diversi punti del sarcofago, immobilizzati in uno speciale gel che mantiene la giusta umidità per i batteri e conferisce una giusta consistenza all’impacco, permettondo di applicarlo e di rimuoverlo facilmente, senza lasciare residui, né del supportante né delle cellule batteriche.
Sono stati applicati i batteri, altamente “affamati”, per favorire il loro “appetito” verso i substrati organici da rimuovere e rendere più efficace il trattamento di biopulitura.
Le operazioni sono state condotte da un team tutto al femminile composto dalle restauratrici Daniela Manna e Marina Vincenti, con le quali hanno collaborato Donata Magrini, Barbara Salvadori e Silvia Vettori, ricercatrici dell’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISPC-CNR) e Anna Rosa Sprocati e Chiara Alisi dell’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile).
Nel podcast l’intervista al Direttore dei Musei del Bargello, Paola D’Agostino e alle restauratrici Daniela Manna e Marina Vincenti e Donata Magrini ricercatrice dell’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche, a cura di Gimmy Tranquillo.