La grande cucina della sezione femminile della Casa Circondariale di Sollicciano si è trasformata per due mesi nell’aula di un corso tenuto gratuitamente da quattro grandi chef: Filippo Saporito, Gabriele Andreoni, Michele Berlendis e Paolo Gori. L’iniziativa fa parte del progetto della Cooperativa San Martino e dell’Ass. Seconda Chance, che si occupa di inserimento lavorativo delle persone detenute attraverso la ricerca di imprese che intendano intraprendere questo percorso realizzato con il contributo della Fondazione CR Firenze. Ha collaborato la Fipe-Confcommercio Toscana.
Le allieve degli chef fiorentini sono state dieci detenute che hanno seguito le otto lezioni del corso ponendo le basi per apprendere i segreti dei loro Maestri. Gli chef hanno studiato per ogni lezione specifici menu di un pranzo completo – dall’antipasto al dessert – in grado di spaziare dai piatti più elaborati alla scoperta delle tradizioni gastronomiche. L’esecuzione di ogni ricetta ha visto impegnate le allieve sotto la guida dello chef di turno, ovviamente con assaggio finale e un confronto di tutta la “classe” sui risultati ottenuti.
L’inserimento lavorativo dei detenuti, oltre a rappresentare davvero una seconda possibilità per chi sta finendo di scontare la propria pena, è uno strumento strategico anche per la netta riduzione della recidiva, cioè della possibilità di tornare a compiere un reato dopo la scarcerazione. Questo perché proprio il lavoro – già trovato prima di uscire dalla detenzione – costituisce la strada principale per il reinserimento nella vita civile. A questi temi lo stesso Cnel ha dedicato un importante convegno alcune settimane fa intitolato proprio “Recidiva zero”. Secondo i dati resi noti in quella occasione almeno 6 condannati su 10 sono stati in carcere almeno una volta in precedenza, ma la stima è che questa percentuale possa calare fino al 2% per i detenuti che hanno avuto la possibilità di inserimento professionale. L’impegno di Seconda Chance in Toscana ha prodotto oltre 20 posti di lavoro di detenuti in diversi settori, dall’edilizia al tessile, dai servizi al turismo, dalla ristorazione alla meccanica.
“Ci fa enormemente piacere poter raccontare oggi un’esperienza intensa che ha visto protagoniste alcune detenute del carcere di Sollicciano – questo – spiega  Gabriele Gori, Direttore Generale di Fondazione CR Firenze –. Ringraziamo l’autorità penitenziaria per l’apertura concessa, gli chef che si sono messi a disposizione e le associazioni e realtà che hanno portato avanti questo progetto che risponde pienamente alla nostra call for proposal sul carcere che mirava a favorire l’inclusione sociale della popolazione penitenziaria con iniziative concrete. Potersi proiettare verso un futuro diverso da quello del carcere è fondamentale per il re-inserimento nella società ”.
Antonella Tuoni, Direttore della Casa Circondariale NCP Sollicciano: “Un’iniziativa importante che ha coinvolto dieci delle detenute di Sollicciano e che va nella direzione di contrastare la recidiva. Ringrazio gli chef, la Fondazione CR Firenze, Cooperativa San Martino e Associazione Seconda Chance per aver reso possibile questo corso”.
L’esperienza del Corso degli Chef ha lasciato una traccia profonda sia nelle detenute-allieve, sia negli stessi docenti: “E’ stata una esperienza professionale ed umana per molti versi inaspettata – raccontano gli chef -. Di fronte a noi c’erano giovani donne che volevano imparare, poco importa se detenute. C’erano delle persone e non i loro reati, che peraltro non conosciamo, in un clima di grande attenzione in cui è facile leggere la voglia di riscatto. Sul piano tecnico tutto ha funzionato alla perfezione, anche grazie alla preziosa collaborazione del personale di Sollicciano, dalla direzione agli educatori e al personale della Polizia penitenziaria”.
Giuseppe Fanfani, Garante dei detenuti in Toscana: “Iniziative ed esperienze come quella presentata oggi, il Corso degli Chef a Sollicciano e più in generale l’attività di ricerca di imprese disponibili ad assumere persone detenute, rappresentano importati sfide per tutto il sistema penitenziario. Innanzitutto perché viene posto l’accento sulla persona, valorizzandone le qualità ed il percorso che ha intrapreso durante la detenzione. In secondo ma non meno importante luogo tutto questo avviene attraverso il lavoro o la preparazione al lavoro, ormai unanimemente considerato come strumento imprescindibile per i processi di reinserimento ma soprattutto l’attuazione di un diritto che riguarda anche la dignità delle persone private della libertà ”.