La carne sintetica, protagonista del dibattito mediatico e scientifico, rimane sotto alcuni aspetti, soprattutto della sicurezza a livello salutare, un punto interrogativo, meglio quindi puntare tutto sul recupero della centralitĂ del cibo e di una dieta equilibrata, qual è sempre stata quella mediterranea. E’ quanto emerge dalla giornata di studi promossa dall’Accademia dei Georgofili sulle fonti proteiche alternative alla carne, cercando di valutarne tecnologie e costi di produzione, oltre che di impatto ambientale e valori nutrizionali.Â
“Carne sintetica? Non sappiamo come viene prodotta, non abbiamo certezze”. Il prof. Giuseppe Pulina, professore di Etica e Sostenibilità degli allevamenti presso l’Università di Sassari, presidente di Carni Sotenibili e membro del Comitato consultivo sugli allevamenti degli animali dell’Accademia dei Georgofili, sgombra il campo dalle zone d’ombra che ancora gravano sulla carne in provetta, che con ben 23 definizioni nel mondo – tra cui carne in vitro, coltivata, in 3D, sintetica, etc. – rappresenterebbe una valida alternativa alla carne e un modo per risolvere la fame nel mondo, recuperando al contempo il benessere animale e dell’uomo. La fotografia scattata questa mattina in seno alla giornata di studio che l’Accademia dei Georgofili ha promosso per parlare di “Fonti proteiche alternative alla carne nella dieta umana: benefici e limiti” ha corroborato la tesi per cui, almeno sul fronte accademico scientifico, non vi sono ragioni per non preferirvi la carne con l’osso, quella vera a cui siamo sempre stati abituati e che arriva direttamente da animali, in particolari bovini. Ciò che deve cambiare, sottolineano i relatori intervenuti provenienti da varie università italiane, è la cultura alimentare oltre che, naturalmente, il percorso per aumentare i margini di miglioramento delle emissioni di gas nocivi per l’atmosfera da parte degli allevamenti. La storia zootenica italiana guarda quindi al futuro scanzando i biorettaori dove, da cellule di tessuto muscolare, prende vita il surrogato delle nostre bistecche. “Le scienze animali sono impegnate per ridurre in futuro sia il numero degli animali sia gli impatti per singola azienda zootecnica che nelle aree rurali rappresenta ancora una risorsa importantissima, in specie nei Paesi in via di sviluppo o in via di transizione. Quindi siamo tutti impegnati a rendere la produzione animale sostenibile e più etica. Certo, ci sono fonti alternative alla carne, ma in realtà sono sempre state complementari, come uova, latte e pesce, e accompagnate a fonti vegetali vanno a comporre quella che è la dieta meditarannea. Uscire dai ranghi da questa che è considarata il tipo di alimentazione ideale, significa andare verso diete squilibrate, frammentate, con cibi ultraprocessati e soprattutto artificiali, non ne abbiamo assolutamente bisogno”. C’è poi l’effetto destabilizzante degli ultimi studi FAO in collaborazione con l’OMS che mettono in luce 53 pericoli per la salute dell’essere umano, rischi che inquietano gli esperti, soprattutto in merito alla potenziale insorgenza di forme tumorali. Condizionali d’obbligo perchè, ad oggi, la scienza non è ancora riuscita a mettere le mani su un campione di carne artificiale, spiega Pulina: “L’ho cercata per farne delle analisi e non me l’hanno data, quindi come viene prodotta lo sappiamo solo dalla letteratura, nessuno ha mai potuto avere un campione artificiale per metterla sotto scrutinio scientifico, farne una analisi metabolomica. Bisogna andare a Singapore, firmare una liberatoria, beh..non siamo nelle stesse condizioni che mangiarci una bella fiorentina”. “Le resistenze verso i cibi – prosegue – nascondono sempre dei problemi di alimentazione che abbiamo da quando abbiamo tasformato l’alimentazione da fatto covinviale in aspetto farmaceutico. Alla fine mangereremo niente che sarà senza tutto e non ci farà assolutamente male se non mandarci all’altro mondo. I costumi alimentari moderni ci impongono un’altra visione del cibo. Sedersi a tavola non è come andare a fare rifornimento alla macchina, è un atto di civiltà verso noi stessi e verso gli altri. Va restituita centralità al cibo, culturale e psicologica; tutti i cibi hanno la loro dignità se consumati in modo ragionevole all’interno di una dieta mediterranea, solo in questo modo potremo dirci appartenenti alla società civile”.