Riaperte le indagini sulla morte di 13 studentesse dell’Erasmus, di cui sette italiane, avvenuta il 20 marzo 2016 per l’incidente in autostrada del pullman su cui viaggiavano. Il tribunale di Tarragona ha accolto un ricorso promosso dai genitori delle vittime contro l’archiviazione, la seconda, decisa nel settembre 2017 dal giudice istruttore del tribunale di Amposta.
Il tribunale di Tarragona in Catalogna è giurisdizione superiore con funzioni di appello rispetto ad Amposta e in questi giorni ha stabilito, invece, sia la riapertura delle indagini sull’autista del pullman, sia – per la prima volta nella vicenda – la loro estensione all’ente spagnolo che va considerato omologo del nostro Ispettorato del lavoro. L’obiettivo è determinare sia se l’autista ebbe un colpo di sonno o abbia guidato con imperizia, sia anche riscontrare se furono fatte verifiche su orari e condizioni di lavoro degli autisti dei pullman. A rendere nota la decisione dell’autorità spagnola è, su Fb, Gabriele Maestrini, padre di Elena, sua unica figlia, studentessa di Gavorrano (Grosseto) morta nell’incidente: “Dopo 815 giorni di angoscia e disperazione – commenta – il nostro ricorso è stato accettato ma alla giustizia spagnola occorrono altri mesi, con un massimo di 18, per acquisire altri documenti. Cosa mancherà ancora? Non lo sappiamo. Cosa hanno fatto sino ad oggi? Forse hanno altri problemi? Sicuramente per noi li hanno, ma se vogliono dimostrare all’Europa intera di poter garantire giustizia e sicurezza ai nostri giovani che scelgano di studiare e soggiornare nel loro paese, dovranno dare voce al nostro dolore per dare giustizia a coloro che non ci sono più”. La trafila giudiziaria è iniziata subito, già nel 2016, con la prima archiviazione di un giudice di Amposta. Le famiglie, indignate, si opposero, ottenendo che il caso venisse esaminato da un altro giudice.
Riaperto il fascicolo, anche questo altro magistrato, il settembre 2017, ha però ritenuto di chiudere la vicenda sotto il profilo penale per insufficienza di indizi a carico dell’autista. E stabilendo che, al massimo, contro l’autista, e forse anche la società dei pullman, le parti civili potevano chiedere un risarcimento in sede civile. “Eppure – commenta l’avvocato Stefano Bartoli che assiste la famiglia di Lucrezia Borghi, studentessa di Greve (Firenze) – le indagini della polizia sono state fatte molto bene. Oggi comunque accogliamo in modo positivo la notizia della riapertura del caso, un passo importante”. Anche la procura spagnola si è sempre opposta a tutte le archiviazioni dei giudici stando sempre in linea coi familiari delle vittime. Infine, mentre le famiglie italiane hanno proposto il ricorso, ‘vincente’, al tribunale di Tarragona, i genitori delle altre studentesse decedute hanno insistito contro la seconda archiviazione facendo ricorso sì, ma ancora davanti ai giudici di Amposta. Che lo hanno respinto.