La redazione del Corriere Fiorentino “a seguito dell’ultimo confronto tra Comitato di redazione e Azienda, visto il progressivo deterioramento delle relazioni sindacali nelle ultime settimane”, ha proclamato lo stato di agitazione. La decisione, spiega una nota del Cdr, segue la comunicazione dell’Editore, il 30 settembre, sulla fine dello smart working (salvo nei casi previsti dalla deroga governativa) “con buona pace delle richieste arrivate dalla maggior parte dei giornalisti e dei dipendenti”.
L’Azienda, si spiega, ha poi “negato l’avvio di una qualsiasi forma di trattativa adducendo motivazioni pregiudiziali e dichiarando l’assenza di un qualunque interesse a valutare la più che positiva esperienza di oltre due anni di lavoro agile. Una risposta che il Cdr e l’Assemblea ritengono lesiva della professionalità della redazione e che non tiene conto dell’esperienza diretta di chi ogni giorno è in prima linea nell’offrire la migliore informazione ai lettori con passione e senso di responsabilità e che improvvisamente, e senza spiegazioni, si vede togliere l’accesso a un importante strumento di lavoro che consente maggiore produttività e velocità di informazione”.
I giornalisti del Corriere Fiorentino allora hanno chiesto “all’Azienda di tornare sui suoi passi e di aprire un tavolo di confronto”. Intanto il Cdr vigilerà sul rispetto del contratto, sugli orari di lavoro e, in presenza dello stato di agitazione, si riserva di intraprendere anche ogni iniziativa sindacalmente possibile”.
Il Cdr ricorda inoltre come il corpo redazionale “in questi ultimi due anni e mezzo ha fatto fronte all’emergenza pandemica affrontando con grande senso di responsabilità verso l’Editore e verso i lettori il cambiamento di modalità di lavoro, passando al lavoro agile, senza che questo pesasse in alcun modo sull’Azienda né da un punto di vista economico né da un punto di vista della qualità del giornale” e ancora che a marzo scorso “ha accettato la richiesta dell’Editore di predisporre l’incremento di 4 inserti speciali in più rispetto al periodo pre-pandemico così da consentire una maggiore raccolta pubblicitaria, consapevole che questo avrebbe aggravato i carichi di lavoro già cronicamente alti”.