Che cos’è ChatGPT e come funziona?
ChatGPT (Generative Pretrained Transformer) è uno strumento di elaborazione del linguaggio naturale che sta spopolando di recente. Ma cosa lo rende accattivante, o spaventoso che dir si voglia, rispetto alle dozzine di altre AI a cui abbiamo attualmente accesso? Lo strumento si serve di avanzati algoritmi di apprendimento automatico per generare risposte simili a quelle che darebbe una persona reale all’interno di un discorso.
“Quando un utente inserisce un messaggio, ChatGPT elabora l’input e genera una risposta pertinente e coerente all’interno della conversazione”
Le abilità conversazionali di ChatGPT sono notevoli e questo lo differenzia dalla maggior parte dei chatbot che sfruttano una piccola selezione di risposte automatiche pre impostate. Infatti l’incredibilità del software è che può rispondere ad una domanda sul momento, adattando via via le proprie risposte come farebbe un essere umano. Il suo potenziale rientra in una vasta gamma di azioni: ChatGPT può infatti dare vita a testi coerenti e ben scritti in diversi stili, può analizzare problemi e suggerire soluzioni, è inoltre in grado di ammettere i propri errori e correggersi. Molti utenti lo hanno anche testato affidandogli lavori creativi, per esempio comporre canzoni, testi e articoli.
Il modello su cui è costruita l’intelligenza artificiale si basa sui campioni di testi presi da internet (pagine web, articoli, libri). L’ampiezza dei sample, vale a dire, la precisione e pertinenza dei campionamenti presi da internet, determina l’accuratezza delle frasi di ChatGPT. Proprio perché è un software che pesca contenuti qua e là dalla rete, è chiaro che non può essere considerato una fonte attendibile o autorevole. Rimane comunque il fatto che la sua cura e meticolosità nel rispondere sono impressionanti.
Come possiamo usare ChatGPT?
Se da un lato molti si prefigurano futuri catastrofici in cui i chatbot come ChatGPT diffondono disinformazione e manipolano le persone su vasta scala, dall’altro i più pratici hanno già chiaro come sfruttarlo. ChatGPT è sempre più utilizzata per rimorchiare su Tinder. L’intelligentissima chat quindi, oltre a produrre temi per studenti pigri o content per i creators, è capace di suggerire frasi d’acchiappo nel dating online.
Sicuramente per i più timidi sarà una manna dal cielo, ma è evidente che si va in contro a un fiorire di account fake dove tutto è finto: dalle foto alle conversazioni. C’è il rischio che aumentino le truffe online, soprattutto è facile che esse siano sempre più realistiche e difficili da gestire.
Le intelligenze artificiali ci ruberanno il lavoro?
Un altro settore che si sente minacciato dall’intelligenza artificiale è quello artistico. Infatti il dubbio espresso da chi svolge lavori creativi è capire se un giorno le abilità di ChatGPT potranno soppiantare le competenze di giornalisti, content creators, scrittori e così via. Fortunatamente per il momento è troppo presto per fare supposizioni, è già stato ribadito che il sistema talvolta può fallire o dare informazioni errate. Non è ancora quindi abbastanza sofisticato per sostuire a pieno le figure descritte prima.
La questione però solleva dei problemi reali, non solo relativi al mercato del lavoro ma anche per quanto riguarda il copyright.
A proposito di questo ricordo la vicenda del designer statunitense Ammaar Reshi, il quale aveva pubblicato una storia illustrata per bambini, utilizzando le intelligenze artificiali Midjourney e ChatGPT generare immagini e testi. L’opera di Reshi, “Alice and the Spark”, ha scatenato velocemente un grande dibattito sui social media: quanto vengono danneggiati i lavori artistici dalle applicazioni AI? Una cosa simile è stata fatta anche dal collettivo artistico italiano “Roy Ming”, pubblicando la prima storia per bambini in italiano scritta e illustrata con intelligenza artificiale. Il racconto si intitola “La volpe e il futuro”, la cui morale alla fine è una visione positiva della tecnlogia, la quale può rivelarsi un utile strumento per la vita degli esseri umani.
Le critiche sollevate in merito al fatto che le AI producono immagini, si basa su un concetto di furto. Gli artisti che caricano le loro opere sul web rischiano di mettere a disposizione i loro lavori all’algoritmo che si occupa di trasmettere gli input all’intelligenza artificiale. E ciò avviene senza consenso. Molti trovano ingiusto il fatto che le aziende che sviluppano tali algoritmi, generino dei ricavi allenando le loro tecnologie sulle creazioni altrui. La questione centrale quindi, è capire come tutelare gli artisti e garantire anche a loro un compenso, anziché essere vittime di queste dinamiche.
Diventeremo gli schiavi di ChatGPT?
Ma a conti fatti, possiamo fidarci dei diversi software di intelligenza artificiale, oppure dobbiamo dare per scontato che interferiranno con il nostro modo di vivere fino a renderci schiavi? In realtà non è il caso di farsi prendere dal panico, poiché siamo noi esseri umani ad avere il coltello dalla parte del manico. Noi educhiamo e addestriamo questi sistemi e li miglioriamo di volta in volta, in funzione di renderli preziosi strumenti che cambiano il nostro modo di vivere, interagire e lavorare in maniera positiva.
Pertanto siamo sempre noi che decidiamo se sfruttare gli innovativi servizi tecnologici in vista di uno scopo malevolo. E’ fondamentale che il paradigma di pensiero rimanga fisso su un obiettivo rivolto al benessere della comunità.
Al momento è difficile stabilire con certezza cosa aspettarci da servizi come ChatGPT, Midjourney, ChatSonic, Easy-Peasy e via dicendo. Quando ci troviamo dinnanzi a situazioni che presentano due facce della stessa medaglia, non possiamo fare altro che appellarci a quella capacità originaria dell’uomo, che spesso viene meno, cioè il buon senso.