Ad un anno di distanza dal 6 marzo, giorno della prima chiusura del paese e data simbolica nella narrazione della pandemia Covid in Italia, Deiv Agazzi ha intervistato Claudio Trotta di Barley Arts, nome storico per quanto riguarda la musica dal vivo nel nostro paese. Trotta, recentemente insignito con l’Ambrogino d’oro, prestigioso riconoscimento per i suoi quarat’anni di carriera nella promozione della cultura, ha così sintetizzato il momento del mondo degli spettacoli 365 giorni dopo quello storico, triste, momento.
‘Non stiamo più vivendo, stiamo sopravvivendo. Perché vivere significa stare insieme alle persone, condividere, significa fare tante cose che non possiamo più fare e significa soprattutto, attraverso l’arte, curarsi le innumerevoli ferite che ognuno di noi, nel corso della propria vita, subisce. Dove siamo adesso? Siamo che, dopo una breve parentesi estiva, e con un dpcm, quello del 17 maggio – scellerato – che aveva determinato a prescindere le capienze, 200 persone al chiuso, 1000 all’aperto, c’è questa finta ri-apertura del 27 marzo, che credo che non si farà, e con dei numeri ancora inferiori, mentre invece bisognerebbe affrontare la questione in maniera diversa. Bisognerebbe affrontare il fatto che si può tornare a stare insieme nella misura in cui si può tornare a stare insieme a fare tutto il resto. Mi spiego meglio: o viene fatto un lockdown vero, ma dev’essere vero, si chiudono le frontiere, si chiude qualsiasi attività, non si criminalizza solo il mondo dello spettacolo, si prendono delle decisioni importanti, per due mesi si procede con la vaccinazione, e poi si riapre con delle precauzioni, con delle modalità che non potranno mai più essere quelle precedenti alla pandemia, ma se si continua così, francamente non c’è alcun motivo per cui tutto il mondo dello spettacolo debba stare fermo e invece tutto il resto debba andare avanti.’
Questo invece il parere sul tema del Netflix della Cultura, più volte proposto dal ministro Franceschini e, in senso più allargato, sulla questione della digitalizzazione e della fruizione dell’arte e degli spettacoli in streaming.
‘Il tema della digitalizzazione, non può essere sostitutivo del mondo dello stare insieme. Lo spettacolo dal vivo ha più di duemila anni, l’arte è condivisione non può essere semplicemente fruita da casa davanti ad un telefonino, un tablet o un televisore. Nessun genere di forma artistica. Dall’altra parte invece è indubbio che bisogna immaginare il nostro futuro, ed anche il nostro presente, con una modalità mista. Bisogna tornare a fare spettacoli dal vivo, quanto prima, in sicurezza, e a questo proposito assieme a tanti altri, abbiamo creato un protocollo che ha un anno di lavoro alle spalle per la riapertura degli spazi e che ha 73 adesioni. Ma bisogna immaginare una prospettiva a medio, breve e lungo termine dove lo spettacolo dal vivo dovrà anche avere una componente digitale. Ma non solo. Lo streaming da solo è inimmaginabile che possa essere la modalità con cui condividere l’arte, il teatro, la danza, il circo, qualsiasi altra cosa.’
Sulle tempistiche per quanto riguarda il ritorno ai grandi spettacoli dal vivo Trotta ammette ‘sarò forse pessimista, ma non vedo la possibilità di tornare a fare spettacoli in un autodromo, in un pratone, quello che volete voi, con il posto unico, con un numero consistente di persone, non la vedo possibile né per il 2021, né per il 2022 e la vedo vaga anche per il 2023. Altra cosa è invece fare spettacoli negli stadi o nelle arene, con distanziamenti e posti assegnati, con delle modalità che non sono quelle del posto unico. Quella modalità sinceramente in questo momento, vaccinazione o non vaccinazione, la vedo altamente improbabile.’