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Coldiretti Toscana, caro spesa per famiglie, ‘mappa’ rialzi

Coldiretti

Firenze, al primo posto c’è Arezzo con 528 euro in più, poi Grosseto a +517 euro, mentre ultima è Pisa con +387 euro. Coldiretti Toscana stila la classifica delle province toscane dove fare la spesa è diventato più caro sulla base dei dati Istat relativi all’inflazione nei 12 mesi del 2022.

In mezzo, spiega una nota, c’è un esborso medio annuale su base regionale a famiglia di 463 euro in più all’anno per l’acquisto di prodotti alimentari e bevande analcoliche. Per Fabrizio Filippi, presidente Coldiretti Toscana, “le famiglie per difendersi dallo tsunami dei rincari hanno dovuto adattarsi cercando prodotti con sconti” e adottato “piccole strategie che, insieme a tante buone pratiche quotidiane che hanno messo in atto come una più attenta lotta agli sprechi e una migliore gestione dei costi energetici con il 77% che ha affermato di ridurre le temperature e le ore di utilizzo dei riscaldamenti, hanno sicuramente alleviato l’impatto”.

Nella classifica delle province dove riempire il carrello è stato più costoso troviamo al secondo posto Grosseto con 517 euro, che ha chiuso l’anno con il tasso di inflazione più alto di tutta la regione (12,7%) contro una media del 12%. Al terzo posto troviamo Pistoia con 500 euro. Poco distante con 489 euro, al quarto posto, la provincia di Massa Carrara che precede Firenze con 478 euro. Seguono poi Livorno con +453 euro, Siena con +444 euro e Lucca con +410, ultima Pisa con +387 euro di rincari.

Secondo Coldiretti complessivamente tutte le famiglie insieme hanno speso, considerando l’inflazione media per ogni singola voce, 845 milioni di euro in più per l’acquisto di prodotti alimentari e bevande analcoliche, con la classifica degli aumenti che è guidata da pane, pasta e cereali (+160 milioni) davanti a verdura (+159 milioni) e carni (+143 milioni).

“Se i prezzi per le famiglie corrono l’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare a partire dalle campagne – denuncia Coldiretti Toscana – dove più di 1 azienda agricola su 10 (13%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma il 34% si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dei rincari, secondo il Crea”.

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