Mar 24 Dic 2024
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ContempoArtEnsemble al LXXXI Festival del Maggio Musicale Fiorentino

ContempoArtEnsemble al LXXXI Festival del Maggio Musicale Fiorentino. lunedì 21 maggio ore 20.00, Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Duccio Ceccanti violino, Roberto Noferini violino, Vittorio Ceccanti direttore

Dal 2002 ad oggi, ContempoArtEnsemble conta tredici presenze nel cartellone del Maggio Musicale Fiorentino dove ha eseguito brani in prima assoluta e in prima italiana di alcuni dei massimi compositori: Maderna, Reich, Maxwell Davies, Vacchi, Fedele, Saariaho, Barriere, Cage, Pousseur, Harvey, Bussotti, Sotelo, Glass, Piazzolla e Sciarrino.

Gruppo di musicisti a geometria variabile, da sempre specializzato nella promozione della musica contemporanea e nella fusione tra questa e le arti visive, il Contempoartensemble nasce nel 1992, i suoi dischi sono vere e proprie opere d’arte, realizzate da alcuni tra i più importanti artisti dell’oggi: Michelangelo Pistoletto, Jean-Michel Folon, Dani Karavan, Gerard Richter, Sol Lewitt; il disco realizzato in collaborazione con quest’ultimo artista per l’etichetta ARTS è stato il primo cd ad entrare a far parte della collezione permanente del MOMA Museum di New York.

 

Duccio Ceccanti violino

Roberto Noferini violino

CONTEMPOARTENSEMBLE

Vittorio Ceccanti direttore

Carl Philipp Emanuel Bach

Sinfonia in mi minore Wq. 177, H.652 per archi e cembalo (1759)

Al’fred Šnitke

Concerto Grosso n.1 per due violini solisti, clavicembalo, pianoforte preparato e archi (1977)

Luca Francesconi

Vertigo per violino e orchestra d’archi

scritto per Duccio Ceccanti in occasione del Maggio Musicale Fiorentino 2018  prima assoluta

Sylvano Bussotti

Marbre pour cordes (1967)

Omaggio al compositore

Dmitrij Šostakovič

Sinfonia da camera op.110a, orchestrazione di Rudolf Baršaj dal Quartetto per archi n.8 (1960/74)

 

 

Note Musicali

Da sempre Contempoartensemble ha portato avanti un percorso di scoperta del nuovo e riscoperta del meno conosciuto in campo musicale, forte della convinzione che la diffusione della musica contemporanea sia parte integrante nella formazione di un paese, soprattutto in un periodo storico di frammentazione sociale e culturale come quello nel quale viviamo.

Il programma del concerto vede una sequenza poliedrica di compositori che hanno fatto della musica strumentale lo snodo della loro poetica creativa, all’insegna dell’innovazione e della sperimentazione tra generi.

1 – Sinfonia in mi minore Wq 178, Carl Philipp Emanuel Bach

Una sinfonia che è pietra di paragone per il superamento del barocco verso un preromanticismo all’insegna della sensibilità.
A differenza del fratello maggiore Wilhelm, Carl Philipp riuscì ad assimilare la forte influenza del padre Johann Sebastian, nella fattispecie una perfezione contrappuntistica e un potente dinamismo, e convogliarla nella creazione di un proprio stile, denso di drammatica espressività e variazioni melodiche improvvise, di cui la Sinfonia in Mi minore è un chiaro esempio e prototipo del romanticismo che stava allora muovendo i primi timidi passi. Fu un momento unico di rottura col passato, avvicinabile per intensità a quello che succederà con le avanguardie del Novecento. L’architettura monumentale della musica barocca si sgretolò come un castello di sabbia e il vento della novità portò quella sabbia a formare una rinnovata sensibilità, l’Empfindsamkeit, base su cui poggerà il nuovo filone musicale.

2 – Concerto Grosso n°1, Al’fred Šnitke

Composto nel 1977, definito dal creatore stesso “l’incastro di tre sfere”, l’opera è l’exemplum della molteplicità degli stili tipica del compositore erede ideale di Šostakovič. Splendidamente virtuosa, caratterizzata dalla ricorrenza di leit-motiv e dall’uso armonico-melodico dell’inversione degli intervalli, il tutto a dare coesione ad una struttura complessa, anche dal punto di vista filosofico. Tre macrosistemi (il Barocco, il Moderno, il Banale) difficilmente avvicinabili, fusi e sorretti da un’impeccabile coesione strutturale. Il primo sistema traghetta nel polistilismo metafisico del compositore rimandi soprattutto a Corelli ma anche a Vivaldi, per fondersi poi al secondo, basato sulla microatonalità, (unione di micro-intervalli e

una scrittura atonale libera); il tutto si alterna e mischia con strategia saggiamente misurata al terzo, il Banale, che rappresenta il male della musica triviale, che mesce malamente e indifferentemente qualunque tipologia di musica. Ha carattere prettamente funzionale, ed è un male necessario perché rappresenta la vita. Quindi è un male di tipo esistenziale. Tre sfere diverse che sono il dialogo di differenti epoche, rappresentate quindi da diverse stratificazioni musicali. Mentre secondo Cage questo dialogo simultaneo è positivo e oggettivo, per Šnitke la cosa è più personale e tragica: queste sfere sonore sono stridenti e aliene tra loro, troppo contrastanti; unite in maniera tragica e inevitabile: figurazione in musica del male di vivere.

3 – Marbre, Sylvano Bussotti

Segue Marbre, per archi, dedicato ai Solisti Veneti, composto nel 1967 e considerato allora per l’autore come il suo “tenero addio alla musica da camera, fatto di ricordi e simile a una piccola sepoltura”1. Pezzo emblema della cifra stilistica di Bussotti, allievo di Dallapiccola e Boulez, dove la massa musicale è esaminata per mostrarsi in continuo movimento, aerea nella sua forte densità, “come un pezzo di marmo che lucida continuamente se stesso.”2 I ritmi sono raramente indicati precisamente e quando, casualmente, lo sono “è solamente come l’eco lontana di un’epoca, dove essi non possono essere osservati diversamente” 3. Fortemente curato a livello armonico “con un amore che confina con l’insania, in particolar modo nella conclusione che vorrei di una sostanza eterea, forse leggermente anonima” precisa il compositore. La poetica degli affetti, tanto cara a Bussotti, è espressa nel fiorire timbrico degli archi e negli interventi della spinetta, nell’alternarsi e nel fondersi di stazioni solistiche dilatate e sezioni di gruppo, dotate di una profonda tessitura polifonica. L’orchestra d’archi è divisa in un trio (violino, viola e violoncello), un quartetto tradizionale e un doppio trio di tre violini. La spinetta e il contrabbasso hanno parti autonome. Ogni gruppo è disposto in modo tale da suonare indipendentemente l’uno dall’altro, ma anche insieme.

L’opera esordisce e termina per episodi, dove i differenti gruppi strumentali si manifestano separatamente o assieme. La sezione centrale, aperta da pizzicati, impegna tutti gli strumenti. Brano dotato di una netta componente aleatoria, dove ciascun musicista è incaricato di una cadenza personale che il direttore può richiedere quando vuole e associabile all’esecuzione di altre singole cadenze. Il tutto trasforma e rinnova ogni volta lo svolgimento del brano, donando a ogni sua esecuzione il carattere di novità.

1 Sylvano Bussotti.

2 Idem.

3 Idem.

4 – Vertigo, Luca Francesconi

“L’orchestra resta una macchina meravigliosa, che regala un piacere quasi carnale; sono convinto che finora abbiamo sfruttato solo una piccola percentuale di potenzialità dell’orchestra […]”.
Dotato di una voracità creativa senza paura, Francesconi è uno dei compositori più produttivi dell’oggi. Ha studiato pianoforte al Conservatorio di Milano e composizione con Azio Corghi, Karlheinz Stockhausen e Luciano Berio, del quale per un periodo è stato assistente. Ha scritto molta musica di teatro e più di settanta composizioni utilizzando svariate formazioni strumentali, comprese le tecnologie multimediali più innovative. Perno sul quale ruota la sua vena creativa è il filone della melodia occidentale, “dal silenzio al rumore”, nel quale mesce una forte narratività teatrale, sviluppando una musica eclettica, descrittiva e pittorica, mai didascalica.

[…] Vertigo è un gioco mimetico fra strumenti della stessa origine e colore, gli archi. Nell’omogeneità della famiglia strumentale si creano e si annullano densità, prospettive ora trasparenti ora solide come pietra. La forma generale è semplice: una lunga vertigine discendente, una caduta dall’acutissimo al gravissimo che percorre la prospettiva in modo anche obliquo. Ma c’è un elemento che rende questa dinamica molto differente E’ un altro strumento ad arco, il violino solista. Esso dapprima apre il gioco con una lunga cadenza che sembra costruire i presupposti dell’intero pezzo, quasi un riassunto retrogradato del viaggio che seguirà. Infatti parte dai rudi colori delle corde vuote gravi dello strumento, poi gradualmente ci porta fino al culmine acuto dove dà il via all’orchestra. Di lì in poi il solista conduce tutti entrando e uscendo dalla massa degli archi, ora nascondendosi ora aprendo vie del tutto nuove. Ma ne seguirà lo stesso movimento verso lo scuro limite grave. […]4

4 Luca Francesconi.

5 – Sinfonia da camera op.110a, orchestrazione di Rudolf Baršaj dal Quartetto per archi n.8 di Dmitrij Šostakovič

Conclude il concerto il testamento in musica di Dmitrij Dmitrievič Šostakovič, nella riscrittura del direttore Rudolf Baršaj: la Sinfonia da Camera op.110, specchio dell’ottavo quartetto del compositore. Eseguito per la prima volta durante i funerali del suo creatore, il brano acquisì in tal modo un forte spirito commemorativo, sottolineato dallo stesso commento dell’autore:

[…] Provo eterno dolore per coloro che furono uccisi da Hitler, ma non sono meno turbato nei confronti di chi morì su comando di Stalin. Soffro per tutti coloro che furono torturati, fucilati, o lasciati morire di fame. Molte delle mie Sinfonie sono pietre tombali. Troppi della nostra gente sono morti e sono stati sepolti in posti ignoti a chiunque, persino ai loro parenti. Dove mettere le lapidi? Solo la musica può farlo per loro. Vorrei scrivere una composizione per ciascuno dei caduti, ma non sono in grado di farlo, e questo è il solo motivo per cui io dedico la mia musica a tutti loro. […]

Il riarrangiamento di Barshai è una trascrizione quasi letterale del quartetto scritto dal compositore nel 1960 durante una visita nella Germania dell’Est. Il motivo primario che scatenò tale composizione fu l’innominabile orrore scaturito nell’anima di Šostakovič per la distruzione provocata dal conflitto e di qui la dedica a tutte le vittime della guerra e di tutte le dittature, ma il pezzo è anche un requiem autobiografico, dove i musicisti sono simultaneamente orchestrali in perfetta sintonia tra loro e solisti di estrema qualità.

Costruito su cinque movimenti senza alcuna pausa, il cui nucleo è formato da un tema di quattro note costruito sull’abbreviazione del nome del compositore: DSCH (Dmitrij Schostakovitch nella traslitterazione tedesca), che diventa DECB nella notazione tedesca, cioè Re – Mi bemolle – Do – Si bemolle. Tema con il quale comincia il pezzo in maniera fugace e sul quale ritorna più volte, come un satellite che gira intorno aleggiando su tutto il componimento. Il primo movimento, dall’umore elegiaco viene distrutto dal Blitzkrieg del secondo movimento, un Allegro molto, dove il tema di fondo viene annichilito e ricostruito più volte, come un’araba fenice che risorge dalle ceneri. Il terzo movimento è un inquietante Allegretto quasi rondò, dove il primo violino ripete ossessivamente il Leitmotiv in contrapposizione al resto degli strumenti per poi morire e rinascere con il marziale tema principale del primo concerto per violoncello dell’autore. Segue il quarto movimento, Largo, dove l’orchestra diventa una fila di artiglieria che disintegra il tessuto melodico, a ricordare i bombardamenti della guerra, mentre il primo violino, con un ronzìo quasi impercettibile e ipnotico si trasforma in un lontano aeroplano, il quale muta nel tema del Dies irae cattolico e poi in quello della canzone di Katerina nella Lady Macbeth del distretto di Mtsensk, capolavoro teatrale del compositore russo. Questi temi si rincorrono e trasformano l’uno con l’altro in maniera ciclica per poi finire nel quinto movimento, un ritorno elegiaco verso una fuga aerea e apollinea, celebrante l’essere umano che si eleva nella musica dell’eternità.

INFO: http://www.operadifirenze.it/it/Posto unico € 15 Biglietti in vendita presso il Teatro del Maggio: La biglietteria del Teatro del Maggio è aperta dal lunedì al sabato dalle 10.00 alle 18.00 e da due ore prima dell’inizio dello spettacolo. Biglietteria on-line su www.operadifirenze.it