I dati indicano che solo il 2% sotto i 18 anni in Cina, Italia e Stati Uniti si è ammalato, ma per molti ricercatori questo non significa che siano meno suscettibili all’infezione. Il problema è cruciale in vista della riapertura delle scuole, come riporta il sito della rivista Nature.
Alasdair Munro, dell’università di Southampton, sostiene che non siano responsabili della maggior parte dei contagi e che sono a basso a rischio, supportando la riapertura delle scuole. Altri invece sostengono che l’infezione nei bambini sia più bassa perché non sono stati esposti al virus, principalmente grazie alla chiusura delle scuole, e non sono stati testati nella stessa misura degli adulti.
“Non vedo alcuna ragione biologica o epidemiologica per credere che i bambini non siano stati contagiati – rileva Gary Wong, dell’università cinese di Hong Kong -. Fin quando c’è il contagio tra gli adulti, la riapertura delle scuole faciliterà la trasmissione. Un buon sistema di sorveglianza e test dovrebbe essere operativo prima della riapertura delle scuole”.
Se i bambini trainano la diffusione del virus, le infezioni aumenteranno probabilmente nel giro di poche settimane nei paesi in cui sono già rientrati a scuola. Un dato da chiarire è perché i bambini abbiano sintomi più lievi degli adulti. I risultati ottenuti finora sono contrastanti. U
no studio pubblicato su Lancet Infectious Diseases, condotto a Shenzen, ha mostrato che i bambini sotto i 10 anni erano infetti come gli adulti, ma con sintomi meno gravi, mentre altri condotti in Corea del Sud, Italia e Islanda hanno mostrato un tasso di infezione minore nei bambini. Una teoria sui sintomi più lievi nei bambini, è che i loro polmoni contengano meno proteine Ace2 (quelle usate dal virus per entrare nelle cellule), o che essendo più esposti in generale ai coronavirus, come quelli del raffreddore, siano più protetti, o ancora che abbiano una risposta immunitaria più adeguata degli adulti. Ma è tutto da provare