Tornando indietro al 5 di marzo ed analizzando i dati forniti dalla mappa di quel giorno, del Global Cases del Center for Systems Science and Engineering (CSSE), presso la Johns Hopkins University (JHU), si rileva che allora la Corea del Sud era al secondo posto per numero di persone positive al coronavirus con 5.766 e l’Italia terza con 3.089, con rispettivamente 107 e 92 numero di decessi.
Ma passando alla mappa del 15 di marzo, si vede purtroppo che l’Italia è passata al secondo posto con 21.157 casi positivi e 1. 441 morti, mentre la Corea del sud, che intanto è passata al quarto posto, dopo l’Iran, è rimasta ad un numero di casi positivi di 8.086 e 72 decessi.
Naturalmente i fattori che hanno determinato questa diversa evoluzione del contagio da coronavirus, tra le due nazioni, lontane geograficamente e culturalmente, sono probabilmente molteplici, ma leggendo gli articoli di stampa dei giorni scorsi non si può non notare una delle misure importanti prese dal governo sudcoreano per combattere l’epidemia di Covad-19: test gratuiti per tutti.
In un video del 3 marzo pubblicato da Cnn, e tradotto e pubblicato da Controradio, un reporter della stazione di news americana, si sottopone al test attraverso un ‘drive-thru’, più o meno seguendo la procedura di come si acquista un panino con l’hamburger da McDonald’s rimanendo in macchina.
Dal video si apprende che ognuno di questi centri può fare il tampone a 380 persone al giorno, e che al 5 di marzo erano già stati fatti ben 100.000 test.
In un articolo del 15 di marzo, il ‘Sole 24 ore’ scrive: “La Corea del Sud, uno dei Paesi più colpiti dal Coronavirus ma in grado di uscirne (i contagi sono in forte calo) grazie a misure di quarantena e soprattutto a un massiccio utilizzo dei tamponi anche sugli asintomatici. In modo da scovare subito i positivi e isolarli. Hanno fatto il giro del mondo le immagini dei tamponi fatti dai coreani ai semafori. Ora il Veneto ha deciso di percorrere la stessa strada: i tamponi saranno fatti per strada e fuori dai supermercati”.
Il governo della Corea del Sud per la verità, ha implementato anche altre misure ‘radicali’, che avevano suscitato le critiche e quasi la derisione anche della nostra stampa, misure che alla luce della realtà odierna e della irresponsabilità dimostrata da una parte degli italiani, non dovrebbero più destare cotanta indignazione: “Nel tentativo di prevenire e contenere la diffusione del virus, il governo della Corea del Sud ha preso misure contestabili – scriveva ‘La Repubblica’ il 6 marzo – Manda sms, in continuazione, dalla mattina alla sera. Un sovraccarico di informazioni sotto forma di avvisi di sms d’emergenza che oltrepassano ogni limite di privacy, includendo rivelazioni sulla vita privata delle persone infette. Un grande fratello malato e imbarazzante che sta spaventando ancora più del coronavirus. Sono ‘messaggi di orientamento sulla sicurezza’ inviati dalle autorità sanitarie e dagli uffici distrettuali di tutto il Paese. Ricordano alle persone di lavarsi accuratamente le mani, di non toccarsi il viso. Ma non solo. Tracciano i movimenti degli infetti utilizzando dati Gps, riprese delle telecamere di sorveglianza e le transazioni con carta di credito per ricreare i loro percorsi già dal giorno prima della manifestazione dei primi sintomi. Una specie di caccia al contagiato“.
Ma sono passati solo una decina di giorni ed il 15 di marzo il ‘Sole 24 ore’ titola: “Veneto come la Corea del Sud: tamponi per tutti, dalle strade ai supermercati. Il Veneto ha attivato uno specifico Piano con l’obbiettivo interrompere tutte le possibili catene di trasmissione del virus responsabile di Covid-19”.
L’Italia per la verità, era partita bene, facendo tamponi, all’inizio dell’epidemia, non solo a chi era malato ed era entrato in contatto con una delle fonti del contagio, ma a chiunque, avendo sintomi influenzali lo richiedeva, ma ‘importanti’ figure politiche ed anche qualche ‘personalità’ del mondo sanitario, avevano iniziato a preoccuparsi dfel fatto che, per l’alto numero dei contagiati registrati, causati dai “troppi tamponi”: l’immagine dell’Italia all’estero ne venisse danneggiata.
Ora si ritorna indietro con la sanità della Regione Veneto che comunica di aver attivato uno specifico Piano di Sanità pubblica con l’obbiettivo di interrompere tutte le possibili catene di trasmissione del virus Covid-19, andando ad individuare tutti i possibili casi sospetti.
“Dalla ricerca puntuale di tutti i casi confermati, sarà possibile avviare le conseguenti inchieste epidemiologiche ed intervenire con le disposizioni di isolamento domiciliare e quarantena – avverte l’assessorato alla Sanità del Veneto, precisando che le Asl – provvedono ad effettuare un’accurata indagine epidemiologica procedendo per centri concentrici ed allargando, per ogni singolo caso, la ricerca all’individuazione oltre che di tutti i possibili contatti ‘stretti’ (familiari e lavorativi) anche di tutti i contatti occasionali (anche definiti come ‘non stretti’ o a basso rischio), e di disporre, per tutti i contatti, le misure di quarantena e isolamento domiciliare fiduciario”.
Forse ora siamo sulla buona strada per rallentare l’epidemia, ma quanto tempo si è perso!
Gimmy Tranquillo