Ven 15 Nov 2024
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Coronavirus: ecco perché mancano le mascherine

 C’è solo un’azienda in Italia che ha la ‘certificazione’ internazionale per produrre mascherine Fpp2 e Fpp3 e le imprese all’estero con cui il nostro paese aveva siglato dei contratti per l’acquisto dei dispositivi si sono viste ‘requisire’ i prodotti dai loro paesi o, in alcuni casi, anche dalle nazioni per le quali sono transitati.

Sono questi i motivi che stanno rendendo difficilissimo l’approvigionamento  di dispositivi
di protezione individuale (Dpi): mascherine ma anche guanti e camici.  “Come governo – ha detto il presidente del consiglio  Giuseppe Conte – siamo strenuamente impegnati per procurare in tempi brevissimi i dispositivi che consentano a medici, infermieri e a
tutto il personale sanitario di lavorare in massima sicurezza”.

Esistono aziende italiane che producono mascherine ma ce n’è una sola che al
momento ha la certificazione – che in tutto il mondo viene rilasciata da due soli enti, uno in Cina e uno negli Usa – per produrre quelle più richieste, le Fpp2 e le Fpp3. Il commissario
Domenico Arcuri – ed è un’ipotesi sul tavolo – potrebbe cercare di aumentare la produzione riconvertendo alcune linee, ma al momento la possibilità per avere i dispositivi nel più breve tempo possibile resta solo quella del mercato internazionale.

E qui scatta il secondo problema. Lo ha spiegato sabato lo stesso Commissario Angelo Borrelli in conferenza stampa. “Il fabbisogno mensile è di circa 90 milioni di mascherine (comprese quelle chirurgiche, ndr) noi abbiamo effettuato contratti per oltre 55milioni e al momento ne abbiamo consegnate più di 5 milioni.
Quel che si sta verificando in tutto il mondo è una chiusura delle frontiere all’ esportazione. India, Romania, Russia, erano mercati nei quali i fornitori avevano recuperato mascherine Fpp2 Fpp3 ma poi hanno chiuso all’esportazione”. Il risultato è che 19 milioni di mascherine – 4 Fpp2 e Fpp3 e 15 chirurgiche – sono bloccate all’estero, nonostante le aziende italiane abbiano siglato contratti con le imprese. Anzi, non sono solo bloccate: in alcuni casi sono state sequestrate dai paesi in cui sono transitati i prodotti.
Come se ne esce, dunque? Consip, la centrale d’acquisto dello Stato che è soggetto attuatore della Protezione Civile, ha fatto sapere che ha “contrattualizzato” forniture per 30 milioni di mascherine chirurgiche, oltre a 7 milioni di guanti e oltre 13 milioni di tute, calzari, cuffie e camici. Inoltre sono stati ordinati 3.800 ventilatori polmonari (300 dei quali in pronta consegna), 390 mila tamponi e più di 67mila test per il virus.
Il ministro degli Esteri Luigi di Maio ha poi annunciato che Germania e Francia hanno “sbloccato l’esportazione di mascherine, tute e schermi facciali” verso l’Italia – un milione
arriveranno da Berlino – e che dalla Cina sono in arrivo altri 5 milioni di pezzi oltre a 150 respiratori. Ma il titolare della Farnesina ha anche criticato fortemente l’atteggiamento
“inaccettabile” di chi blocca i materiali alle frontiere. “Denunceremo in tutte le sedi internazionale competenti – dice -i Paesi che si macchieranno della pratica ignobile di requisire mascherine destinate a stati in difficoltà come l’Italia”.

La presidente della Commissione Ursula von der Leyen in un videomessaggio su twitter ha annunciato che l’Ue “limiterà l’esportazione di materiale di protezione” ed ha bollato come “nefasti” i blocchi all’estero, invitando i partner europei a “condividere” il materiale sanitario. Il governo,da parte sua,  ha inserito nel decreto legge con le misure economiche una norma che consente di produrre mascherine chirurgiche in deroga alle vigenti norme. Le aziende che intendono avvalersi della deroga devono inviare all’Iss l’autocertificazione sulle caratteristiche tecniche delle mascherine, rispettando tutti i requisiti di sicurezza e in due giorni avranno la risposta.

Si tratta di mascherine che servirebbero, ad esempio, per tutti i lavoratori impegnati nei
servizi essenziali ma non in ambito sanitario. Il decreto stanzia anche 50 milioni per l’acquisto. Una soluzione che consentirebbe di destinare le Fpp2 e Fpp3 ai soli medici,
infermieri e operatori che hanno a che fare direttamente con il Covid-19. Resta però il problema principale: per questo tipo di prodotto c’è al momento solo il mercato internazionale.

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