Firenze, la Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva l’ex appuntato Marco Camuffo a 4 anni e 4 mesi di reclusione per violenza sessuale alle studentesse statunitensi.
“Non appare conforme né allo spirito né alla lettera della norma del codice penale ritenere che la violenza sessuale possa ritenersi provata solo se sia stata preceduta da una qualsiasi “resistenza” opposta” dalla vittima ed “è irrilevante” che la studentessa Usa “non mostrasse segni di violenza fisica”, tanto più che “avendo assunto bevande alcoliche subiva un deficit di forza fisica”. Così alcuni passaggi della motivazione con cui la Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva l’ex appuntato Marco Camuffo.
L’aggressione alle studentesse statunitensi da parte dell’ex appuntato è avvenuta nella notte tra il 6 e il 7 settembre 2017 a Firenze mentre l’uomo era di pattuglia con il collega Pietro Costa. I due militari dell’Arma riaccompagnarono con l’auto di servizio le due ragazze a casa da un locale dove le avevano incontrate mentre erano in turno.
L’altro carabiniere Costa, anche lui condannato a 4 anni dalla Corte d’appello di Firenze, come scrive la Cassazione nelle sue motivazioni, “aveva ammesso di aver visto Camuffo cercare di baciare la ragazza e abbassarle i pantaloni, mentre lei manifestava il proprio dissenso con dei ‘no’.
Un fattore, questo, “fortemente deponente per la veridicità del racconto accusatorio della studentessa”, inoltre “non è emerso alcun elemento logico” che avrebbe potuto indurre la giovane, in accordo con l’amica, “ad accusare falsamente i rispettivi violentatori”.
Per i giudici della Suprema Corte, in definitiva, non vi fu nessun rapporto consenziente quella sera tra l’ex militare e la giovane: “Che solo con la collaborazione della studentessa sarebbe stato possibile è un postulato difficilmente dimostrabile tanto più ove si rifletta che anche per la stagione estiva indossava abiti leggeri”.
Quindi per la Cassazione appare “labile la solidità delle tesi difensive in materia di tenuta motivazionale della decisione impugnata, tanto che appaiono inaccettabili”.