Pisa, la costante di Hubble, parametro cosmologico fondamentale che serve per misurare il tasso di espansione dell’universo, in realtà, secondo alcuni scienziati, non sarebbe costante.
La scoperta arriva da una nuova ricerca pubblicata su The Astrophysical Journal e condotta da un team internazionale composto dalla capo progetto Maria Giovanna Dainotti (National Astronomical Observatory del Giappone), Biagio De Simone (Università di Salerno), Tiziano Schiavone (Università di Pisa e Infn), Giovanni Montani (Enera e Università La Sapienza di Roma), Enrico Rinaldi (Università di Michigan) e Gaetano Lambiase (Università di Salerno). Secondo lo studio il valore della Costante di Hubble non sarebbe fisso, ma si evolverebbe in base alla distanza cosmologica dell’oggetto studiato.
Gli scienziati, spiega una nota dell’Ateneo pisano, “sono arrivati a questa conclusione a partire dalla ‘tensione sulla costante di Hubble’, cioè una discrepanza fra misure indipendenti del tasso di espansione dell’universo”. “Conoscere il valore della costante di Hubble – sottolinea Tiziano Schiavone, dottorando in fisica dell’Università di Pisa e dell’Infn – è fondamentale perché insieme ad altri parametri cosmologici, serve a stimare ad esempio l’età dell’Universo, la distanza di oggetti molto lontani da noi e il destino ultimo dell’espansione dell’universo”.
La ricerca ha evidenziato che la costante di Hubble sembra manifestare una lenta e inattesa evoluzione al variare della distanza il che spiegherebbe la discrepanza fra le misure indipendenti, radiazione fossile primordiale e i dati ricevuti dalle Supernovae di tipo Ia.
“La tensione sulla costante di Hubble è un argomento di notevole interesse, poiché potrebbe essere un segnale che qualcosa non va nell’attuale modello cosmologico standard – conclude Schiavone – e se l’effetto da noi osservato non è dovuto ad effetti sistematici delle Supernovae di tipo Ia non considerati, allora la possibile decrescita della costante di Hubble rappresenta un sintomo di un effetto evolutivo nascosto, aprendo la strada a molteplici scenari interpretativi in cui si potrebbero testare, ad esempio, modelli di gravità modificata.”