Costruire una diga nel territorio di Pomonte, una frazione di Marciana, all’isola d’Elba (Livorno), “non solo sarebbe costosissimo, ma anche pericolosissimo”. E’ quanto sostiene Legambiente
L’associazione ambientalista critica le recenti affermazioni del sindaco di Campo nell’Elba Davide Montauti per soluzioni che possano sopperire alle criticitĂ di approvvigionamento dell’isola. “Sono passati poco piĂą di 31 anni – ricorda Legambiente – dal 16 ottobre 1990, quando lungo i crinali de Le Mure si staccò una frana che creò nella Valle di Pomonte una vera diga di detriti lungo il corso principale del Fosso. Poi la diga crollò e una massa di acqua, fango e blocchi di granito precipitò a valle, spianando orti, vigne, ponti e ponticelli, allagando case e magazzini, in particolare quelli della piana alluvionale”.
La valle, ricorda Legambiente, in cui scorre uno degli ultimi fossi elbani semi-perenni, “è incisa nel granito e si tratta di un granito cipollato, che acqua e gelo hanno suddiviso in blocchi e lastre fortemente instabili lungo i versanti, definendo un territorio ad elevato rischio idrogeologico ed idraulico. I potenti accumuli di frana che si estendono ai piedi dei versanti e la stessa piana alluvionale terrazzata presente alla foce del Fosso di Pomonte sono fra i segni piĂą evidenti di un paesaggio geomorfologico fortemente attivo ed in evoluzione dinamica, attivissima e persistente, un’instabilitĂ come dimostrano le continue frane che a volte costringono alla chiusura della strada provinciale”.
“La diga di Pomonte, così come quelle di Patresi o addirittura di Sant’Andrea o di Valle Buia -conclude Legambiente- sono antiche ipotesi, giĂ a loro tempo tramontate a causa dell’insicurezza, dell’impatto ambientale e dei costi, e riproporle oggi, con i vincoli idrogeologici e sismici in atto, appare proprio fuori dal mondo e rischierebbe di trasformare quelle dighe in tanti futuri Vajont, come ha drammaticamente dimostrato la frana di Pomonte di piĂą di 30 anni fa”.