Il Tribunale Amministrativo del Lazio ha accolto l’istanza cautelare promossa dai medici del ‘Comitato Cura Domiciliare Covid-19‘. Secondo il TAR è giusto “far valere il proprio diritto/dovere di prescrivere i farmaci che i medici ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza”. La nostra intervista al presidente del Comitato Erich Grimaldi.
Il Tar del Lazio ha accolto l’istanza cautelare promossa dai medici del ‘Comitato Cura Domiciliare Covid-19‘, per mano del presidente del Comitato stesso Erich Grimaldi, avvocato, affiancato dalla collega Valentina Piraino, nei confronti del Ministero della Salute e di Aifa, con riferimento alla nota Aifa del 9 dicembre 2020 contente i “principi di gestione dei casi Covid-19 nel setting domiciliare”.
Per i casi lievi (e probabili), durante i primi giorni di malattia l’Aifa raccomandava infatti la sola “vigile attesa” in associazione a trattamenti sintomatici, ad esempio attraverso il paracetamolo. Veniva inoltre indicato il non utilizzo di tutti i farmaci impiegati ormai da mesi, a loro dire con successo, da molti medici di medicina generale. Una limitazione contro la quale il Comitato Cura domiciliare Covid-19aveva fatto ricorso, vedendolo accolto.
Il contenzioso risale all’inizio dello scorso dicembre, quando l’Agenzia regolatoria nazionale rese disponibile sul proprio portale il documento Principi di gestione dei casi Covid-19 nel setting domiciliare, contenente le raccomandazioni “sul trattamento farmacologico domiciliare dei casi lievi e una panoramica generale delle linee di indirizzo Aifa sulle principali categorie di farmaci utilizzabili in questo setting”. Per casi lievi, specifica l’Aifa, si intendono tutti i pazienti che presentano sintomi alla stregua di febbre (temperatura superiore ai 37° C), tosse, cefalea, dolori muscolari (mialgia), diarrea, e perdita dell’olfatto (anosmia) e gusto (ageusia) non altrimenti spiegabili. Si specifica che i pazienti non devono presentare alcun segno di difficoltà respiratorie (dispnea) disidratazione, alterazione dello stato di coscienza o sepsi. In questi casi, infatti, si sarebbe trattato di pazienti non lievi.
Il Tribunale ha quindi ritenuto, come si legge nell’ordinanza, che il ricorso “appare fondato” in relazione alla giusta richiesta dei medici “di far valere il proprio diritto/dovere, avente giuridica rilevanza sia in sede civile che penale, di prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza”, e che non può essere “compresso nell’ottica di una attesa, potenzialmente pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene sotto profili diversi, per i medici stessi”. Il Tar ha quindi con effetto immediato sospeso l’efficacia del provvedimento emanato da Aifa e rinviato la trattazione del merito al 20 luglio prossimo.