Gli anticorpi monoclonali, secondo le indicazioni dell’Aifa, saranno somministrati a pazienti attualmente in isolamento domiciliare, selezionati dalle Usca e dai medici di medicina generale che li indirizzeranno presso i centri specialistici.
Fra oggi e domani saranno consegnate alla Toscana le prime 1.080 dosi di anticorpi
monoclonali Bamlanivimab prodotti dalla Eli Lilly: la notizia è stata data oggi in una conferenza stampa dal presidente della Regione Eugenio Giani e dall’assessore alla sanità Simone Bezzini.
Secondo quanto reso noto dalla Regione, le prime 250 dosi di monoclonali sono già arrivate, al momento sono state individuate 12 strutture specialistiche sul territorio regionale idonee a praticare il trattamento, ma con l’arrivo di altre dosi il numero dei centri sarà ampliato.
Gli anticorpi monoclonali, secondo le indicazioni dell’Aifa, saranno somministrati a pazienti attualmente in isolamento domiciliare, selezionati dalle Usca e dai medici di medicina
generale che li indirizzeranno presso i centri specialistici. “Se tutto va bene. come sono convinto che andrà bene, sarà una nuova stagione”, ha sottolineato Giani, ricordando che gli anticorpi monoclonali “da giugno li produrremo noi” grazie al lavoro svolto da Tls a Siena.”Da giugno -ah aggiunto Giani- avremo a disposizione centomila dosi di monoclonali della TLS e a qual punto ne avremo a sufficienza”
Al momento però gli unici anticorpi monoclonali in commercio sono il cocktail della Regeneron e il farmaco di Eli Lilly. Il Regen-Cov è il cocktail di anticorpi monoclonali reso celebre per essere stato usato anche dall’ex presidente Usa, Donald Trump. Prodotto dal casa farmaceutica americana Regeneron, è basato sugli anticorpi casirivimab e imdevimab.
Il primo è stato isolato in un paziente di Singapore e il secondo è stato ottenuto in laboratorio inserendo la proteina spike del coronavirus nell’organismo di un topo modificato genericamente. Secondo i risultati della ricerca sarebbe in grado di ridurre la carica virale in modo significativo e ridurre del 50 per cento il rischio di contrare l’infezione.
Questo ha aperto alla possibilità di usare questo cocktail come “vaccino passivo”, in attesa di una maggiore disponibilità dei vaccini antiCovid. I dati indicano che il farmaco può allo stesso tempo ridurre la carica virale dei soggetti infetti.
Il Bamlanivimab è l’anticorpo monoclonale autorizzato per l’uso di emergenza come trattamento per i pazienti ad alto rischio, con Covid-19 da lieve a moderato, negli Stati Uniti e in altri paesi nel mondo.
Prodotto da Eli Lilly and Company, gli studi mostrano un’efficacia del 72 per cento nel ridurre il rischio di ospedalizzazione per i pazienti con sintomatologia moderata. Bamlanivimab ed etesevimab è la combinazione di anticorpi targata Eli Lilly che gli studi indicano essere in grado di ridurre il rischio di ricovero e morte per Covid-19 del 70 per cento.
I due monoclonali sono stati testati in pazienti ad alto rischio con recente diagnosi di Covid-19. Dai risultati emerge che sono anche in grado di ridurre la carica virale e accelerare la risoluzione dei sintomi.
Anche AstraZeneca si è impegnata nello studio degli anticorpi monoclonali ed ha realizzato l’AZD7442, una combinazione a lunga durata d’azione (Long Acting AntiBody, LAAB) che imitano gli anticorpi naturali e hanno il potenziale per trattare e prevenire la progressione della malattia in pazienti potenzialmente infettati dal virus.
Potrebbe essere usato come intervento preventivo in ambienti pericolosi come comunità, ospedali, case di riposo, studentati perché il vantaggio è che ti dà anticorpi immediati.
Un mese fa AIFA ha reso pubblico il parere della Commissione Tecnico Scientifica (CTS) riunitasi in seduta straordinaria nelle giornate del 2, 3 e 4 febbraio 2021 sull’utilizzo degli anticorpi monoclonali.
Come indicato nel parere, adottato il 4 febbraio 2021, “la CTS, pur considerando l’immaturità dei dati e la conseguente incertezza rispetto all’entità del beneficio offerto da tali farmaci, ritiene, a maggioranza, che in via straordinaria e in considerazione della situazione di emergenza, possa essere opportuno offrire comunque un’opzione terapeutica ai soggetti non ospedalizzati che, pur avendo una malattia lieve/moderata risultano ad alto rischio di sviluppare una forma grave di COVID-19 con conseguente aumento delle probabilità di ospedalizzazione e/o morte. Si tratta, in particolare, di un setting a rischio per il quale attualmente non è disponibile alcun trattamento standard di provata efficacia”.