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Crows, “Reason Enough”. Il Disco della Settimana.

Ancora un ottimo disco da quell’inesauribile movimento che ciclicamente agita l’inghilterra sotto l’etichetta decisamente abusata di “post-punk”. Questa volta tocca ai Crows.

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I Crows nascono nel 2010, quando James Cox (cantante) e Steve Goddard (chitarra) iniziarono ad esibirsi con il moniker Jim Crow & The Murders e un repertorio costituito dalla fusione di garage-rock, psichedelia e surf, consolidandosi con l’ingresso stabile in organico di Sam Lister (batteria) e Jith Amarasinghe (basso) fino al primo Ep  “King / Korea”, del 2011.

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Una lunga sequenza di live, singoli ed Ep hanno plasmato il sound della band spostandolo verso quell’enorme calderone genericamente definito post-punk (in questo caso la linea che da Joy Division e PIL per giungere ad oggi passa dagli Interpol), tanto da attirare l’attenzione di Joe Talbot degli Idles, che per la sua etichetta Balley Records assicura la pubblicazione, nel 2019, dell’esordio full length intitolato “Silver Tongues”, album che colpisce per l’asprezza dei contenuti e per l’esplosiva carica sonora che miscela sapientemente post-punk e garage-rock.
Presto opening act per Idles, Wolf Alice, Metz, Girl Band e Protomartyr, al termine del periodo pandemico pubblicano il secondo “Beware Believers”, confermando e ptenziando un sound decisamente “muscolare”.

Con la loro ultima uscita “Reason Enough”  (fuori il 27 settembre 2024 per Bad Vibrations), i Crows giungono a quella che si può definire una definitiva maturità compositiva, sia dal punto di vista musicale che della narrazione lirica, “Reason Enough” ha richiesto infatti un tempo di gestazione decisamente più lung del solito, non solo perchè i membri della band hanno tutti già altri lavori “a tempo pieno”, ma soprttutto per la ricerca della definizione sonora.

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Per l’occasione, James Cox (voce), Steve Goddard (chitarra), Jith Amarasinghe (basso) e Sam Lister (batteria) hanno scambiato la loro abituale sala prove, un piccolo studio a Homerton, nell’est di Londra, con le cavernose mura di uno “strano piccolo studio” – come dice Goddard – a Stroud, nel Gloucestershire. Più precisamente, un’ex chiesa e convento cattolico. La band si è installata nella cripta della chiesa, che si è rivelata più adatta a mettere le basi per di “Reason Enough”, lavoro poi successivamente terminato a Londra.

La band ha lavorato con il produttore Andy Savours, vincitore del Mercury Prize, che ha già collaborato con artisti del calibro di Black Country, New Road e My Bloody Valentine. Maestro del suono indie raffinato, Savours ha dato un tocco di lucentezza a “Reason Enough”, senza compromettere la grinta intrinseca del disco, e se lo spirito punk della band rimane intatto, non mancano però momenti più riflessivi,  per dei versi anche “melodici”.

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“Stiamo facendo la stessa cosa, ma molto meglio. Questi sono i Crows in alta definizione”, spiega Cox. Per quanto riguarda il mood ed il contenuto dell’album invece “Come per molti musicisti di oggi, essere fuori dal ciclo degli album significa non andare in tournée, il che a sua volta significa cercare altre opzioni di lavoro quotidiano per sbarcare il lunario. Abbiamo scritto Reason Enough in un periodo come questo, quando tutti noi facevamo contemporaneamente lavori giornalieri per pagare le bollette. E quando non siamo in tournée, divento molto più consapevole e sensibile al ciclo delle notizie. Essere bombardati da una costante tristezza e malinconia può creare un vero e proprio vortice di sconforto. La canzone “Bored”  [il singolo che ha anticipato l’album NdR] è nata da quel ciclo in cui ci si sveglia e non si riesce a liberarsi dalla sensazione di voler sbattere la fronte contro un muro di mattoni.”

Reason Enough, dei Crows, è il nostro Disco della Settimana.

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