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Disco della Settimana: Giuda “E.V.A.”

GIUDA

La miglior band italiana dedita al rock’n’roll porta la sua musica nello spazio con E.V.A., un album dal suono contemporaneo, ma con le radici ben salde in due decenni musicalmente rivoluzionari: gli anni ’60 e ’70.

L’ultimo album della band, dal titolo E.V.A., acronimo di Extravehicular Activity, racchiude, nella musica e nei testi dei suoi brani, tutte le esperienze dei Giuda e le loro inclinazioni artistiche. La band, tra i maggiori esponenti del rock’n’roll italiano potente e grintoso, si forma a Roma nel 2007 e fin da subito si rivela come una realtà fortemente internazionale ed un gruppo di musicisti uniti sia sul palco che nella vita di tutti i giorni. A tenere insieme ogni singolo membro dei Giuda c’è la passione comune per le esibizioni dal vivo e per un sound di stampo seventies, ma perfettamente a fuoco nei confronti di sonorità più moderne.

Lo spazio da sempre rappresenta un’alternativa più piacevole all’implacabile delirio quotidiano del pianeta terra. Di conseguenza il rock’n’roll si è regolarmente avventurato nella stratosfera, spesso con risultati incredibili. Nel 2019 c’è solo una band che può garantirvi un viaggio intergalattico sensazionale: i Giuda, esponenti italiani di un rock’n’roll crudo e incredibilmente contagioso. Formatisi nel 2007, questi guerrieri lisergici del power pop hanno una decade di esperienza e un nuovo album, “E.V.A.”, come frecce al loro arco per suggellare un trionfo duramente guadagnato. Un suono contemporaneo, ma con le radici ben salde in due decenni musicalmente rivoluzionari: gli anni 60 e 70, il mood delle nuove canzoni si potrebbe infatti descrivere come proto disco suonato in vena punk. In un mondo grondante di motivi di fuga, gli inni interplanetari di questo loro quarto lavoro in studio sono l’antidoto di evasione perfetto. Un rock’n’roll forte di una solida determinazione e di una visione chiara e originale.
Il titolo “E.V:A.” sta per “Extra Vehicular Activity” (Attività Extra Veicolare), in riferimento agli astronauti nello spazio, una tematica in cui gravitiamo anche grazie al contributo grafico del francese Tony Crazeekid, firma di tutte le loro copertine.
Quando ascolterete questo disco tenete in mano la copertina e assaporatene i particolari, sarà come andare al cinema, preparate anche i popcorn!
Il tema dello spazio non è tuttavia una scelta meramente estetica, non è difficile leggere tra le righe il sentimento di questa band per come vanno le cose nel mondo; parlare di viaggi in altre dimensioni è infatti anche la loro maniera di raccontare come l’incontro fra culture diverse e lontane sia un valore aggiunto, a fronte dell’insensata paura di essere invasi che sembra affliggere l’Italia, e non solo, negli ultimi anni.
Questo titolo è inoltre emblematico perché le E.V.A. sono delle operazioni molto delicate, manovre che gli astronauti compiono al di fuori del modulo spaziale per eseguire, ad esempio, una riparazione dello stesso, e per le quali occorre certamente molta audacia, la stessa audacia che la band romana esprime nella musica e nei testi di questo disco. Un lavoro dunque coraggioso, senza compromessi, nel quale il gruppo ha seguito il proprio istinto integrando chitarre distorte con sintetizzatori, per la prima volta protagonisti del sound di un loro album.
“Non siamo nostalgici e non vogliamo vivere nel passato!” afferma Lorenzo, chitarrista della band, “se è vero che le nostre influenze appartengono perlopiù agli anni 60 e 70, due decadi in cui a livello artistico tutto è cambiato, è anche vero che la nostra è una band contemporanea, abbiamo modellato il nostro sound riportando tutto il nostro background nel 2019, creando così pian piano qualcosa di originale e, a mio avviso, di unico.”
Frutto della maturità acquisita in anni di esperienza in studio di registrazione, questo nuovo album, per meglio restituire l’impatto dirompente delle loro esibizioni, è stato registrato live in studio dal co-produttore Danilo Silvestri, e per il cutting è stato portato a Londra da Noel Summerville, che ha lavorato a dischi del calibro di “Combat Rock” dei Clash.

I Giuda sono un gruppo rock ‘n’ roll di Roma, nato dalle ceneri della formazione punk rock Taxi, attivo dal 2007. Il loro sound unico, che ha rielaborato in maniera originale e contemporanea suggestioni glam rock degli anni 70 con la forza brutale e diretta del primo punk inglese, ha conquistato il globo. Vantano infatti un fan club internazionale: Giuda Horde, nato in Francia, oggi conta supporter fino in Texas. Moltissimi anche gli attestati di stima dal mondo della musica: Phil King (Lush, Felt, Jesus And Mary Chain) ha detto di loro: “il loro concerto mi ha fatto fare una capriola all’indietro, ai tempi elettrizzanti in cui andavo a vedere concerti punk nei pub più sgangherati di Londra. La loro energia travolgente sul palco mi ha ricordato quella degli AC/DC, quando li vidi nel 1975”; Robin Wills dei Barracudas aggiunge: “i loro concerti sono sempre meglio, non mi divertivo così tanto durante un live dai tempi dei primi Fleshtones, sono pura energia: compatti, coincisi, potenti”; Karl Alvarez (Descendents/All,) rincara la dose: “nessuno suona in maniera così semplice e perfetta, ci vorrebbero più gruppi come i Giuda!”; Joe Elliot, cantante dei Def Leppard, ha inserito il loro secondo singolo, Number Ten, nella lista delle “200 canzoni da sentire assolutamente prima di morire” sulla rivista Classic Rock. Simon Reynolds in un’intervista a La Repubblica in occasione dell’uscita del suo libro, “Polvere di stelle”, ne parla così:  “Mi piacciono molto. Fanno una sorta di rétro glam che cattura il lato più divertente del genere, quello degli Sweet, degli Slade e così via, come gli AC/DC. E poi anche band legate al calcio, come i Cockney Rejects”. Captain Sensible dei Damned all’indomani dell’ultimo tour che li ha visti sullo stesso palco negli Stati Uniti la scorsa estate si aggiunge al coro: “Non avrei mai pensato di ascoltare di nuovo dal vivo il sound glam degli anni 70. Quattro favolosi concerti con i Giuda mi hanno smentito. Questo gruppo è un gioiello assoluto.” Euroboy dei Turbonegro ammette la loro influenza in alcune tracce del loro ultimo disco: “abbiamo suonato con loro un paio di volte e sono fenomenali! In maniera più o meno cosciente “Special Education” è frutto del nostro incontro con i Giuda”. Persino Morrissey si è fatto conquistare dal loro sound e dal loro immaginario, al punto da inserire il loro primo video, “Number Ten”, nella proiezioni che precedono i suoi concerti durante il suo ultimo tour in Sud America lo scorso Novembre. Per citarne alcuni.
Esordiscono nel 2011 con l’LP Racey Roller, uscito per l’americana Dead Beat Records, che diventa fin da subito un piccolo grande caso discografico. Molte le riviste straniere a notarli e a dargli spazio già dai tempi di questo loro primo lavoro in studio, da Mojo, a Rolling Stone, a Maximum Rock’n’roll, a Vive le Rock, seguite poi da Guardian, Uncut, NME, Vice e molte altre.
Le registrazioni rigorosamente in analogico e l’utilizzo di una strumentazione interamente anni 60/70 sono fin da subito la loro cifra stilistica, determinanti per un sound che li contraddistingue per unicità, una spontaneità travolgente che ha però alle spalle un lavoro di ricerca quasi maniacale.
A Racey Roller seguono Let’s do it again (Damaged Goods/Tko) nel 2013 e Speaks Evil (Burning Heart Records) nel 2015, accompagnati da un’incessante attività live, sia in Europa che negli Stati Uniti, che li vede prendere parte ad alcuni dei festival più importanti in ambito internazionale come l’ Hell Fest in Francia, il Rebellion nel Regno Unito, il Punk Rock Bowling di Las Vegas, e il Burger Boogaloo di Oakland, in California, e che li porta a dividere il palco con artisti della portata di Jesus And Mary Chain, Franz Ferdinand, Placebo, Stiff Little Fingers, Airbourne, Cock Sparrer, Descendents, Faith No More, Turbonegro, Buzzcocks, Jello Biafra, Danko Jones, Madness, Devo, Damned e tantissimi altri.
Tutto ciò fa dei Giuda oggi una delle realtà più apprezzate del panorama rock internazionale.

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