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Disco della settimana: Grant-Lee Phillips “Widdershins”

È Widdershins il nono album in studio di Grant-Lee Phillips, già leader dei Grant Lee Buffalo. Ispirato dall’urgenza del momento, il disco arriverà il 28 febbraio 2018 (Yep Roc Records), anticipato dal singolo Totally You Gunslinger.

Registrato in quattro giorni al Sound Emporium di Nashville, il disco è composto da 12 brani ed è stato prodotto dallo stesso Phillips e registrato in larga parte live in studio come trio, insieme a Jerry Roe (batteria) e Lex Price (basso). Mixato da Tucker Martine (My Morning Jacket, The Decemberists), con l’aiuto del tecnico del suono Mike Stankiewicz.
«Widdershins (contromano)… è una parola vecchia. Muoversi in senso antiorario, girare al contrario. Questo album porta con sé una domanda: in che direzione ci stiamo muovendo? Mi sono dato l’obiettivo di non sprofondare nella disperazione. Sto elaborando una lunga narrazione con questo lavoro. Ci siamo già passati prima, e non solo il nostro paese, ma l’intera civiltà». Il musicista vede più di un collegamento tra Widdershins e i soui primi lavori con i Grant Lee Buffalo: «Anche quello era un periodo di forte tensione sociale. La Guerra del Golfo, i moti di Los Angeles, tutto era un disastro. Poi, qualche anno dopo siamo passati attraverso un terremoto. Ero in una condizione un po’ esagerata quando ho scritto quella roba – così come adesso».

I suoi Grant Lee Buffalo furono uno dei gruppi più importnati degli anni ’90, il loro “Fuzzy” del 1993 era uno dei dischi preferiti di Michael Stipe dei REM.

La prima recensione in lingua italiana di Widdershins è quella di Enzo Curelli sul suo seguito blog:

“In quale direzione ci stiamo muovendo?” . È con questa domanda in testa che GRANT-LEE PHILLIPS imbraccia una chitarra, insieme ai fedeli Lee Prixe al basso e Jerry Roe alla batteria, e cerca di dare più risposte possibili con un disco diretto e immediato, registrato con l’urgenza dei tempi migliori, in soli quattro giorni, a Nashville. Là dove il precedente e bellissimo THE NARROWS giocava prevalentemente attraverso suoni acustici con ballate quasi ipnotiche e volgeva lo sguardo indietro, scavando tra le sue radici pellerossa (Cherokee) e riflettendo sull’importante scelta di vita del trasferimento da Los Angeles a Nashville, con WIDDERSHINS affronta con piglio beffardo, e con una buona dose d’ironia, il presente, i problemi della sua grande patria (sì, Trump centra qualcosa), i rapporti sociali sempre più freddi e prossimi allo zero (“non abbiamo mai lasciato il deserto” canta in una strofa di ‘The Wilderneds’) non mancando di giocare con astuzia tra corsi e ricorsi storici: ‘Scared Stiff’ ha il passo veloce dei Clash di ‘London Calling’, ‘The Wilderneds’ e ‘Great Acceleration’ sono rock tesi che rimandano diretti ai giorni dei Grant Lee Buffalo. A proposito Phillips ci vede anche una forte somiglianza tra i periodi storici: “Il periodo dei Grant Lee Buffalo fu anche un periodo di intensa ansia sociale. La Guerra del Golfo, le rivolte di Los Angeles…ero in uno stato d’umore alterato quando scrissi quelle canzoni, proprio come ora”.
L’umore musicale del disco è comunque vario. Alterna i momenti più elettrici con intense pennellate di pura americana (l’apertura ‘Walk In Circles’ ricorda musicalmente il compianto Tom Petty e riflette saggiamente sul tortuoso percorso fatto dall’uomo fino ad oggi, cercando un’originale soluzione), ‘King Of Catastrophes’, ‘Miss Betsy’ (che affronta anche il delicato momento economico e il problema del lavoro minorile), ‘Another, Another, The Boom’ e ‘History Had Their Number’ sono piccole delizie folk roots e country. Grant-Lee Phillips fa nuovamente centro con un disco sentito e ispiratissimo, pieno di ambigui personaggi e messaggi lanciati con il piglio del grande songwriter.

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