Il duo elettro-R&B Rhye ha appena pubblicato l’attesissimo nuovo album. Blood viene pubblicato a cinque anni di distanza dal loro acclamato album di debutto Woman.
“Abbiamo passato gli ultimi anni in tour trasformando Woman, progetto nato in una dimensione da camera da letto, in una vera esperienza live da palco. Con BLOOD il processo è stato inverso, la musica e i suoni sono nati durante i concerti e cresciuti con le performance” commenta Milosh, il frontman dei RHYE. “Ci vuole molto coraggio a restare vulnerabili, notte dopo notte, di fronte al pubblico. Uso lo stesso coraggio su ogni canzone di questo disco”. I RHYE hanno annunciato anche un nuovo tour mondiale nel 2018 che partirà il 1° febbraio da Mexico City e arriverà in Europa a marzo (guarda tutte le date sul loro sito RHYEmusic.com).
Tra tastiere, percussioni, sintetizzatori analogici e vocalità aperte, i RHYE ritrovano l’umanità nella musica elettronica. Guidati dal loro approccio unico, il gruppo si è trasformato in un fenomeno con l’uscita del loro album di debutto Woman nel 2013. Il disco è stato acclamato da Rolling Stone e Spin ed è stato classificato come “Best New Album” da Pitchfork. “Open” ha ottenuto oltre 45.4 milioni di ascolti su Spotify, mentre ‘The Fall’ ha sorpassato i 25.4 milioni. Durante i loro tour, hanno accumulato date sold-out in tutto il mondo e si sono esibiti in tutti i festival musicali più importanti, tra cui il Coachella e il Pitchfork, e un incredibile concerto in Danimarca accompagnati da un coro femminile di 49 membri. La band ha cominciato a scrivere il nuovo album nel 2016, durante un intenso tour che ha profondamente influenzato il loro secondo album.
Questa la recensione del disco su Sentireascoltare :
L’esordio dei Rhye, che all’epoca della sua uscita si agitava in un terreno di emergenti produzioni più over che underground (vedi James Blake, Sampha e soprattutto Jessie Ware), era stato accolto con un clamore difficile da dimenticare. I cinque anni che separano Woman da Blood sono stati ricchi di attesa, aspettative e cambiamenti. Il frontman del duo Mike Milosh è andato incontro a diverse sventure: la separazione dalla fidanzata e l’abbandono del progetto da parte del producer Robin Hannibal subito dopo l’esordio discografico. Il risultato di questa serie di sfortunati eventi è che il nostro one man band si è ritrovato a gestire l’elaborazione di una rottura, il tour e tutto il processo creativo del nuovo lavoro in totale autonomia.
Per questi motivi Blood non può che essere diametralmente opposto a Woman. Sia chiaro che tutte le particolarità che hanno reso riconoscibile il progetto, riunite per lo più nella personalità vocale di Milosh, sono ancora presenti e incisive; ciò che cambia sono l’attitudine e il carattere presenti nel nuovo lavoro. Se Woman era un inno all’amore, una soundtrack da ascoltare sullo sfondo di qualunque gloriosa relazione, Blood rappresenta l’elaborazione della rottura e del distacco, e non sarebbe potuto essere diversamente. Le atmosfere sono meno eteree, sognanti e decisamente più mondane, e ci vengono trasmesse da una ricerca sonora che guarda a una produzione meno ripulita e a un suono più analogico. Tutti i pezzi nascono da una struttura fortemente ritmica guidata dall’onnipresente batteria, a cui si legano handclapping e orchestrazioni; questa summa riesce a conferire all’album un groove molto raffinato senza rinunciare alla sua anima più soul.
A fianco di pezzi più ricercati come Blood Knows e Stay Safe guidati da archi e pianoforte, ne troviamo altri come Count to five, a sottolineare un’importante impronta funk, e Song for you, che mischia il soul ad atmosfere sudamericane. Le varie venature vengono amalgamate e sostenute dalla voce androgina di Milosh che vanta un incredibile falsetto e impreziosisce le canzoni con una sensualità delicata e una vulnerabilità antiteticamente audace. Una vulnerabilità che emerge dalla sincerità della scrittura al tempo presente, ma che parla anche di passato, di relazioni naufragate, nonostante il disperato tentativo di una convivenza («You wanna lay low, you wanna stay safe, let’s make a home») e di quello che ne rimane oggi nascosto tra i ricordi di un tempo fatto di ricordi («You’re waiting in my mind/Ohhhh your face is all I’ll find»).
Nonostante Blood sia un lavoro ben costruito, solido e con un eleganza raffinata che solo l’umiltà può conferire, non sviluppa nulla di sostanzialmente nuovo e folgorante rispetto a Woman (che già si piazzava in una riconoscibilissima terra di mezzo tra l’umbratilità di Tracey Thorn e gli smalti caldi di una Sade), risentendo così del fantasma del suo predecessore (che a sua volta risentiva dell’ombra lunga dei suoi riferimenti basali). Lontano dall’essere un colpo di fulmine e dal finire nelle classifiche di fine anno, merita comunque più di un’opportunità di ascolto e il giusto tempo per sedimentarsi e svelarsi in tutta la sua sottile sensibilità.