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Droga: “la prevenzione è quella contro il disagio”

Droga

Riceviamo e convintamente pubblichiamo una lettera/testimonianza arrivata in redazione scritta da una volontaria del “Centro di Solidarietà di Firenze” (CEIS, oggi CSF) nato nel 1979 come iniziativa del volontariato fiorentino e della Chiesa locale per aiutare concretamente giovani e famiglie a liberarsi dalla tossicodipendenza.

Dopo la notizia di cronaca di Erika, la ragazza morta in una discoteca di Vinci (Fi), presumibilmente per un mix micidiale di droga e alcol, e analizzando i dati dell’Agenzia regionale della Sanità (dalle prevalenze calcolate nell’ultima rilevazione del 2015 emerge che circa il 40% degli studenti toscani ha assunto almeno una sostanza illegale nella vita, registrando un aumento del 4% rispetto al 2011), pensiamo che il tema della prevenzione e di come formare ‘anticorpi sociali’ contro le dipendenze non possa rimanere relegato all’approfondimento estemporaneo ma deve essere un’informazione capillare e costante che arrivi ad intercettare non solo i soggetti esposti ma anche le loro famiglie e la società tutta.

Di seguito la lettera arrivata in redazione: 

Sono una volontaria del Centro di Solidarietà di Firenze, proprio quello che negli anni ’80 era l’unica speranza per chi era “inciampato nella droga” (per usare le parole di Giacomo Stinghi)… i volontari più anziani ricordano che al giovedì sera, quando i genitori si ritrovavano in via de’ Pucci, i vigili dovevano chiudere la strada per la quantità di persone… oggi, pochi sanno cosa si fa al Centro di Solidarietà eppure in via de’ Pucci i “gruppi” dei genitori non hanno perso un giovedì.

Oggi, è evidente che le cose sono cambiate molto e, la questione droga è assai complessa.

Di certo non può essere solo un problema di ordine pubblico… se c’è una domanda, il mercato risponde con la sua logica, variegata offerta.

Così, come nella vostra trasmissione (Morning News del 24 ottobre 2019 ndr.), la parola magica che subito salta fuori è “prevenzione”… ecco, vorrei invitarvi a riflettere proprio su questo argomento: si può fare prevenzione all’uso di sostanze (alcol, gioco compresi)?

Io direi che l’unica prevenzione possibile è quella al disagio, lavorando a monte, perché la questione riguarda il bisogno di delegare la propria vita ad una dipendenza, qualsiasi essa sia.

Don Stinghi, Presidente Emerito del Centro di Solidarietà

Anni fa don Giacomo portava i “ragazzi” della  comunità a fare “testimonianza” nei licei di Firenze, perché è inutile fare informazione, la comunicazione, quella vera, ha bisogno di condivisione, non bastano le parole.

Venendo al punto, visto che la vostra trasmissione è molto seguita e l’argomento è davvero di attualità (i dati sono allarmanti), vi chiederei di “seminare” nell’etere una manciata di dubbi,  con un appello che riguarda tutte quelle persone che hanno a che fare con una persona in difficoltà, sia essa figlio, figlia, marito, moglie, padre, madre, fratello, sorella, amico, amica:

– Quando una persona è in difficoltà, lo senti, la guardi negli occhi e non è più lei. Se te ne sei accorto diglielo, se la vuoi aiutare, diglielo.

-Qualunque sia il problema il detto “i panni sporchi si lavano in casa” non funziona.

-Ci sono moltissimi luoghi dove si può parlare ed essere ascoltati, accolti ed accompagnati nei momenti di difficoltà.

-E’ davvero importante non chiudersi.  La richiesta di aiuto è il primo passo per la risoluzione del problema.

Lo sapevate che il tempo che intercorre fra l’accorgersi di avere un problema di dipendenza e il chiedere aiuto è di circa 4 anni?  E che se anche i familiari di una persona che sta facendo un percorso di riabilitazione fanno un percorso parallelo, la percentuale di ricadute è molto minore?

Parliamone di questi argomenti, parliamone sempre, non solo quando arrivano le notizie di cronaca. Ognuno di noi può fare prevenzione.

grazie per l’attenzione!

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