La guerra in Ucraina genererà perdite sul Pil della Toscana tra l’1,5 ed il 2% in 4 anni. lo dice il focus Ires sull’economia regionale. Il presidente Francese: “Gelate le ipotesi di ripresa”. La segretaria Cgil Toscana Angelini lancia la proposta di una sorta di “quattordicesima straordinaria” per lavoratori e pensionati colpiti da rincari e inflazione: “Intervenire per aumentare i salari”
“L’impatto della guerra in Ucraina, tra mancate esportazioni verso la Russia ed aumento dei costi sulle materie prime e l’energia, può produrre un risultato negativo sul Pil della Toscana tra l’1,5 ed il 2% nel prossimo quadriennio. Un impatto che rischia di essere sottostimato nel caso in cui non si arrivasse ad una rapida conclusione della guerra”: lo ha detto Gianfranco Francese, presidente di Ires Toscana, stamani a Firenze durante la presentazione del focus Ires sull’economia regionale “Finché c’è guerra… non c’è speranza, gelata sulla ripresa”. Infatti, in caso di una non breve durata del conflitto bellico, “le conseguenze sarebbero disastrose da tutti i punti di vista e non sarebbe eccessivo tornare ad evocare il rischio della perdita di centomila posti di lavoro in Toscana come effetto dell’impatto dei fattori negativi descritti sulle filiere industriali e su ridimensionati volumi di flussi turistici della nostra regione”, ha aggiunto Francese, proseguendo: “E’ veramente difficile parlare di congiuntura economica come se nulla fosse, mentre a poche centinaia di chilometri dai nostri confini nazionali si consumano quotidianamente massacri ed orrori. C’è un disperato bisogno di pace. C’è bisogno di una tregua reale che consenta di avviare un serio negoziato, non possiamo che sperare ed auspicare una rapida conclusione della guerra in Ucraina ed una ripresa di una prospettiva di un mondo multipolare in cui l’economia e gli scambi commerciali non diventino uno strumento per perpetuare conflitti armati, ma infrastrutture di pace per sconfiggere le disuguaglianze e favorire l’amicizia tra i popoli”.
“La guerra purtroppo non si risolverà in breve tempo, siamo di fronte a una tragedia immane innanzitutto umana che deve essere fermata. C’è un problema occupazionale e salariale. Quello che sta avvenendo, tra pandemia, guerra, inflazione e rincari, non deve ricadere su lavoratori e pensionati, che hanno già dato. Diciamo a governo e imprese che si deve trovare il modo di riconoscere risorse a chi lavora e a chi è in pensione, la gente più colpita da rincari e inflazione, perché è la strada per tenere e far ripartire i consumi”, ha spiegato la segretaria generale di Cgil Toscana Dalida Angelini, che ha lanciato al governo la proposta di una sorta di quattordicesima straordinaria per lavoratori e pensionati: “Riconoscere una mensilità straordinaria in busta paga a lavoratori e pensionati, pari alla cifra che stanno perdendo per queste situazioni di crisi, da finanziare attraverso azioni fiscali e prendendo risorse laddove in questi anni duri si è fatto più utili. Bisogna alleggerire i pesi del carovita sulle famiglie, si rischia un disastro sociale. Su tutti questi fronti chiediamo anche alla Regione Toscana una interlocuzione maggiore con le forze sociali, serve difendere, oltre al potere d’acquisto, il lavoro di qualità e progettare politiche per crearlo”.
Circa l’economia della Toscana, per Francese “siamo ancora dentro la pandemia, e in uno scenario di guerra: sono gelate le ipotesi di ripresa”. Il quadro congiunturale che aveva chiuso il 2021 testimoniava di una forte capacità di resilienza dell’economia regionale capace di esprimere una performance positiva del Pil pari al 6,5%, superiore al dato medio nazionale. Una ripresa, peraltro, trainata positivamente dai consumi delle famiglie toscane in misura assai significativamente superiore alla media nazionale. Sicuramente anche il forte, seppur insufficiente, dispiegarsi della campagna di vaccinazione nel mondo ha prodotto una forte ripresa delle esportazioni che in Toscana nel 2021 hanno segnato un importante saldo positivo del +15% che ha riguardato tutti i macrocomparti dell’economia regionale. Il combinato disposto delle misure avviate con il Pnrr, unite ad una solida ripresa dei consumi e delle esportazioni, aveva posto una regione come la Toscana in una dinamica di significativa crescita del Pil che anche nel 2022, seppur in misura inferiore rispetto al rimbalzo forte del 2021, si sarebbe dovuto attestare previsionalmente intorno al +3,9 %. Una previsione oggi, pur con tutte le cautele del caso, completamente destituita di fondamento rispetto al nuovo scenario di guerra. Già la fine del 2021 era stata contrassegnata da un forte aumento della bolletta energetica sia per le famiglie che per le imprese, con un impatto rilevante sui bilanci familiari e sui costi di produzione. Questo impatto sarà sicuramente inevitabilmente amplificato dalle conseguenze della “crisi ucraina” e delle sanzioni decise dall’Unione Europea contro la Russia, in considerazione della forte dipendenza energetica del nostro paese dal gas naturale russo. E’ ragionevole pensare che questa nuova situazione produrrà un ulteriore aumento dei prezzi delle materie prime, gas e petrolio, innescando ulteriormente una forte spirale inflazionistica con un pesante aumento dei costi di produzione che potrebbe mettere fuori mercato una parte importante del nostro apparato industriale. A questo tipo di evoluzione negativo del quadro congiunturale per un sistema industriale votato all’export, come quello italiano e toscano, vanno aggiunte le conseguenze dirette ed indirette della guerra sugli scenari geopolitici e commerciali che avevano già condizionato pesantemente tutta la fase prepandemica caratterizzata da forti tensioni fra Cina e Stati Uniti.
Il 2022 fino a metà febbraio si presentava come un altro anno estremamente positivo, con una crescita prevista per la Toscana pari a quasi il 4%. Tuttavia, l’inizio del conflitto armato in Ucraina e le violente conseguenze geopolitiche, economiche e di costo della materia prime ad esso collegate rendono molto più complesso il quadro previsionale. In attesa di dati più robusti, si può ad ogni modo evidenziare che una prima stima dell’impatto della guerra russo-ucraina per il 2022 si attesti grosso modo intorno allo 0,6% del prodotto interno lordo. A preoccupare non è tanto il blocco dell’export verso la Russia, pari per il 2020 a soli 100 milioni di euro, quanto la crescita del costo dell’approvvigionamento dell’energia sia per le imprese che per le famiglie. Un protrarsi della crisi oltre l’anno potrebbe avere un impatto pari ad almeno 1,6 punti percentuali di Pil nel quadriennio 2022/2025. Tuttavia, questo dato preliminare è probabilmente molto conservativo rispetto alla rottura parziale o totale delle catene del valore che nel medio periodo potrebbe investire non soltanto il settore degli idrocarburi, ma anche quello degli alimenti ed in particolare del grano, bene i cui primi due esportatori al mondo sono proprio Russia ed Ucraina. Va inoltre sottolineato che oltre ad impatti diretti e parzialmente stimabili, il perdurare di uno stato di crisi profonda ai confini dell’Ue potrebbe condurre ad una situazione di accelerazione delle dinamiche di de-globalizzazione che già a partire dal 2017/18 hanno reso più lenta, se non bloccato, la crescita delle interconnessioni all’interno delle catene di valore a livello globale. Un eventuale irrigidimento della situazione geopolitica globale colpirebbe in misura diretta le esportazioni a livello globale, risultando particolarmente pesante per quelle aree e regioni come la Toscana in cui l’export è voce fondamentale di crescita.
Tornano a salire i disoccupati (+12%) dopo l’anomala diminuzione del 2020 (-1,4%) e in parallelo diminuiscono gli inattivi in età da lavoro (-3,5%): riacquisisce valore segnaletico il tasso di disoccupazione, che, in media d’anno, sale al 7,6% con un aumento di 8 decimi di punto. Tuttavia la partecipazione al mercato del lavoro non è tornata ai livelli pre-crisi in quanto la partecipazione si posiziona al 71,1% ancora 1,6 punti al di sotto del livello medio del 2019. Si consolida il ruolo della componente a termine come perno della ripresa dell’occupazione nel 2021 (saldo pari a circa +28 mila posizioni e 300 considerando anche gli stagionali); dall’altro lato i rapporti di lavoro a tempo indeterminato evidenziano un saldo positivo in diminuzione rispetto all’anno scorso e di entità piuttosto modesta (da +14 mila e 600 a +431 posizioni), risultando quasi azzerato. Riguardo alle componenti di genere, nel 2020 l’unico apporto positivo è rappresentato dall’occupazione femminile, anche se di entità modesta (+0,4% pari a circa 3 mila donne occupate in più) e ancora in contrazione nei confronti del 2019 (-3,2%). In base alle stime Prometeia, possiamo calcolare un aumento della domanda di lavoro di lavoro (dopo il crollo del 2020), misurata dalle unità di lavoro, del 6,3%, che segnala come siano aumentate sostanzialmente le ore lavorate per occupato a parità di offerta che tende a rimanere stagnante con riferimento allo stock di occupati. Il differenziale dell’incremento di questi ultimi rispetto alla domanda di lavoro è spiegato dalla minore contrazione degli occupati rispetto alle ore lavorate nel corso del lockdown, beneficiando dei provvedimenti governativi straordinari di protezione del mercato del lavoro, compreso l’ingente ricorso alle ore di cassa integrazione. Per il 2022 l’incertezza rimane elevata, inasprendosi con l’inizio del conflitto russo-ucraino e i suoi effetti indiretti lungo le catene del valore fino ad arrivare ad incidere sui costi di produzione delle imprese.
I dati sulla Cassa Integrazione nel 2021 confermano il massiccio utilizzo dello strumento come ammortizzatore sociale in periodo di Pandemia. Rispetto al 2020, il dato complessivo è inferiore del 41%, con una marcata tendenza al rallentamento che si è evidenziata a partire dal terzo trimestre dell’anno scorso. Tuttavia, il ricorso alle varie forme di Cig risulta comunque circa cinque volte superiore all’anno 2019, anno in cui sono state autorizzate poco più di 18,5 milioni di ore, contro le oltre 186,7 milioni autorizzate nel 2020 e le quasi 110 milioni autorizzate nel corso del 2021. Da un punto di vista dei settori coinvolti, anche nel 2021 oltre la metà delle ore complessive autorizzate sono state utilizzate nel settore manifatturiero. Il secondo settore col maggior numero di domande è il commercio all’ingrosso e al dettaglio, seguito dal settore turistico. Complessivamente, commercio, turismo e manifatturiero, con oltre 89 milioni di ore autorizzate, coprono oltre l’80% del totale delle ore autorizzate. Ragionando in termini di giorni di lavoro coperti da Cig – e quindi persi per l’economia Toscana in generale – la situazione è nettamente migliorata rispetto al 2020: nel primo anno pandemico si erano persi oltre 23,3 milioni di giorni da 8 ore standard; nel corso dell’anno appena concluso, il dato si è quasi dimezzato, attestandosi intorno ai 13,6 milioni di giorni standard.